Nessuno li ama

Londra, 16 marzo 1996; Millwall-Sheffield United

A metà degli anni novanta il fenomeno della violenza negli stadi inglesi è in calo. Le tragedie del decennio precedente – Heysel, Bradford ma soprattutto Hillsborough, per quanto non ascritte in toto al fattore hooligan – hanno spinto i governi conservatori presieduti da Margaret Thatcher e John Major a inasprire i controlli di polizia dentro e fuori dal mondo del calcio. L’approvazione del Taylor Report nel 1989 rilegge completamente l’accesso e la fruibilità degli impianti: è la svolta definitiva del football britannico verso il nuovo millennio. Che piaccia o meno, club e impiantistica devono sottostare a nuove regole: addio dunque ai memorabili settori con solo posti in piedi, agli accessi senza biglietto con pagamento direttamente al tornello, addio al consumo di alcol sulle gradinate. Al contrario, rafforzamento dei controlli di polizia all’esterno e introduzione degli steward all’interno degli stadi. Le normative sono un mix di buon senso e praticità e vengono colte da lega e società come un’opportunità. Con il rispetto della propria storia, dell’estetica e dell’atmosfera, i club inglesi iniziano a progettare il passaggio dei propri impianti dall’epoca post-vittoriana al nuovo millennio per accogliere i propri sostenitori in condizioni di sicurezza ma conservando lo spirito del tempo. È una rivoluzione: le ruspe e le gru iniziano ad apparire ovunque per la ristrutturazione – o ricostruzione – degli stadi con solo posti a sedere, innanzitutto. A cui si aggiungono locali e servizi adeguati alle necessità di accoglienza e marketing che, per quanto sempre esistite, ora diventano centrali nella fruizione dello spettacolo e del fatturato del club.

Tra gli anni settanta e ottanta, il Millwall è uno dei club più chiacchierati per le gesta dei propri hooligan. Oggi ne è piena la letteratura sportiva, supportata da una copiosa produzione video, tra film e reportage sul tema. Risse, assalti e sbronze hanno attirato curiosità, emuli ed epigoni in tutta Europa, Italia inclusa – una buona parte fuori tempo massimo, come altre mode importate dal Regno Unito. Insomma, con il Taylor Report il club prova a staccare il cordone tra sé e i tifosi violenti e fare un balzo in avanti dal punto di vista strutturale.

Cento anni prima che Kubrick la scegliesse per girare alcune scene di Full Metal Jacket, la Isle of Dogs è stata il set in cui ha mosso i primi passi il Millwall Football Club. Dopo un quarto di secolo vissuto sulla penisoletta formata da un’ansa del Tamigi, a due passi da banchine e cantieri navali, nel 1910 il club trasloca qualche chilometro a sud-ovest, oltre il fiume, in un luogo e una strada – letteralmente “Viale del Vento Freddo” –  che rispecchia bene il contesto. Il quartiere popolare in cui è sistemato The Den, sia lo stadio originario che quello odierno, è una distesa irregolare di casette e palazzine a schiera in mattoni rossi. L’unica consolazione è che forse oggigiorno appaiono meno sinistri rispetto alle periferie della Londra vittoriana.

Nel 1996, quando assistiamo alla partita del Millwall contro lo Sheffield United, del vecchio The Den non c’è più traccia. I nuovi canoni lo hanno messo fuori dai giochi: ristrutturarlo costerebbe troppo e dunque la società ha deciso di voltare pagina. Ne ha ricostruito una versione completamente nuova a meno di mezzo miglio dal luogo originario. Nota non secondaria, è il primo impianto nato a norma dopo l’introduzione del Rapporto Taylor. Un segnale inequivocabile: un club di modeste dimensioni, senza grandi prospettive di successo e con un gruppo di tifosi dalla pessima nomea, si adatta per primo alle nuove regole. Il nuovo Den, cresciuto in tre anni, a qualche chilometro dal London Bridge, nella zona di South Bermondsey a Southwark, ha mantenuto l’estetica antica in chiave moderna. Impianto compatto, con i quattro settori direttamente affacciati sul campo e una politica dei prezzi attenta a famiglie e pensionati. Insomma, per quanto possibile il club ha mantenuto i legami con il proprio territorio di riferimento, con la consapevolezza dei propri sostenitori che gli obiettivi resteranno di fare il meglio possibile con un budget non eccezionale a disposizione.

L’immancabile coro “Siamo il Millwall / nessuno ci ama / ma non ci importa” è un cliché. I sostenitori dei Lions si compiacciono di tutto ciò, per quanto l’atmosfera non è affatto terribile come il mito vorrebbe dipingere. Anzi, molto meno preoccupante rispetto alla partita a cui assistiamo: una battaglia campale in cui l’agonismo è inversamente proporzionale alla tecnica. Le due squadre in campo s’incrociano in un momento nevralgico della stagione. Entrambe hanno cambiato tecnico e molti uomini in corso d’opera: il nordirlandese Jimmy Nicholl punta sul panzer tedesco Uwe Fuchs per tenere alta una formazione mediocre, rinunciando a una delle nostre curiosità del match: vedere giocare Richard Cadette. Che, capiamo bene, è un signor Tal-dei-tali nel calcio mondiale: si dà il caso però che nelle nostre partite di Subbuteo tra amici fosse un bomber di talento, un attaccante che oltretutto avevamo conosciuto personalmente un paio d’anni prima a Falkirk, in Scozia. Nicholl ignora tutto ciò e ce lo tiene in panchina tutto il tempo. Con ragione, visto che Fuchs segna sotto rete e porta in vantaggio e al successo i suoi contro lo United di Howard Kendall, tecnico degli anni di gloria dell’Everton che, nonostante abbia allineato una squadra di buona qualità – l’ex-Villa e Bari Gordon Cowans, Gary Ablett e David White, cede le armi. Poi il campionato dirà diverso – salvezza tranquilla per lo Sheffield United col Millwall che precipiterà in terza divisione ma senza scalfire, nel bene e nel male, la passione e la fama dei loro tifosi. Tra cui Roy Larner, un sostenitore che a mani nude ha affrontato i terroristi, armati di machete, nell’attacco al London Bridge del giugno scorso. Mentre lo colpivano urlando “Questo è per Allah!”, Roy il Leone ha risposto con un inequivocabile “sono del Millwall, fottetevi”.

Paolo Sacchi

Millwall 1-0 Sheffield United

Marcatore: Fuchs 58

Millwall: Keller, Lavin, Thatcher, Bowry, van Blerk, Webber, Newman (Neil 78), Rae, Fuchs, Malkin, Dolby. All: Nicholl

Sheffield United: Kelly, Ward, Nilsen, Cowans, Ablett, White, Patterson Taylor, Walker, Whitehouse. All: Kendall

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.