Per carità, nessuno è perfetto. Confrontare però Federica Pellegrini e Simone Biles nei termini di cui sotto è una grande banalizzazione. Senza voler nulla togliere ad una eccellente giornalista e alla più grande atleta italiana nel nuoto di sempre, impossibilitati nel poter dar lezioni che non siamo in grado di impartire, resta però una scorrettezza rappresentare a tutti i costi un confronto tra chi è “forte” e chi è “fragile” (ovvero vincente e perdente) in questo modo, apparentemente a uso e consumo di una narrazione forzata, ingiusta sul piano tecnico, dei valori e della dignità dei protagonisti.
Federica Pellegrini è un esempio di perseveranza e longevità, oltre che di qualità. Ha disputato cinque Olimpiadi vincendo un oro e un argento nello stile libero. Ha una storia sportiva meravigliosa. La sua santificazione decade però se la si paragona ad una campionessa della ginnastica come Simone Biles, prendendo per pretesto una prova negativa da parte della migliore di sempre, vincente come nessun’altro in discipline completamente differenti, dunque completa, versatile, dalle capacità acrobatiche impressionanti e longeva. Parliamo della Biles, che ha solo 24 anni, peraltro, e da sette vinceva sempre e solo lei.
Definirla “fragile” e “in tilt” perché per una volta gli è andata male e, parafrasando, ha sbagliato un rigore come è capitato a Cristiano Ronaldo e Maradona, fa quasi tenerezza. Peraltro, la “fragile” comunque non tornerà da Tokyo con le mani in mano. Nota di cronaca: ha conquistato un argento.