Il Liverpool a Genova e il mito delle tre dita

Genoa, 4 marzo 1992; Genoa-Liverpool

Il valore di un bene o di un servizio, espresso in un dato tempo e luogo, varia in base a modificazioni della domanda e dell’offerta rispetto alla qualità del prodotto. Più l’oggetto è raro, più cresce il valore intrinseco. Un po’ come le partite di calcio? Azzardiamo questa ipotesi. Quando le competizioni europee si disputavano a eliminazione diretta, senza la pletora di gironi e gironcini, il valore delle gare era ritenuto intimamente più importante da chi le seguiva. Soprattutto se, come nel caso del Genoa, edizione 91/92, la partecipazione alla Coppa Uefa era una sorta di evento miracoloso.

Il percorso verso la memorabile sfida con il Liverpool aveva visto i rossoblù superare col brivido gli spagnoli del Real Oviedo e, con maggior scioltezza, i rumeni di Dinamo e Steaua, in una curiosa doppia consecutiva trasferta in quel di Bucarest. Ora però arrivava il bello: la squadra più forte del calcio inglese arrivava a Marassi per l’andata tanta attesa del quarto di finale. Il calcio d’inizio è fissato a un orario insolito: le diciannove e quarantacinque. La serata è gradevole, calda. Lo stadio strapieno. Mentre le squadre scendono in campo, compare un enorme bandierone, in inglese, a favore delle telecamere. “We are Genoa”, come a sottintendere che sì, la Sampdoria, avrà pure vinto lo scudetto, ma sappiate tutti voi in Europa davanti alla tv che la vera Genova calcistica siamo noi. Che sia vero o meno, poco importa: vediamo scendere sul terreno di gioco calciatori che a molti dei presenti per certi versi sembra impensabile che possano temere il Grifone, per quanto risorto da un paio di stagioni grazie alla straordinaria guida di Osvaldo Bagnoli. Non saranno i Reds di Keegan o Dalglish, mancheranno pure Rush e Barnes, entrambi indisponibili per la sfida d’andata, ma Nicol, Saunders, Houghton, Walters, Molby e McManaman non sono di sicuro gli ultimi arrivati sulla scena internazionale.

Il Luigi Ferraris è una bolgia e la partita passa velocemente nelle mani di Bortolazzi e compagni. È sorprendente come gli ospiti fatichino a mantenere lo stesso ritmo. Nel primo tempo diventa protagonista il meno atteso dei ventidue in campo. L’assenza di Roberto Onorati regala una maglia da titolare a Valeriano Fiorin, che allo scadere della prima frazione entra nella storia del Genoa. Lancio di Signorini, spizzata di Skuhravy, tacco di Aguilera, bomba di sinistro al volo di Fiorin. Rete. Delirio. Nel secondo tempo il Genoa schiaccia ancora, prova a incrementare il vantaggio anziché far calcoli in vista della partita di ritorno. Sfiora il raddoppio con Ruotolo, prende una traversa con Skuhravy. Ci vorrebbe un jolly da spendersi. Che arriva nel finale e ha un nome e un soprannome ben noto: Cláudio Ibrahim Vaz Leal, meglio noto come Branco, ovvero il “bianco”, nomignolo ricevuto in Brasile per il colore della pelle. È un terzino dal piede sinistro fatato e ha già deciso un paio di gare memorabili con la maglia del Genoa. Al minuto ottantotto Wright commette fallo su Ruotolo. Siamo a trenta metri dalla porta, in posizione centrale. Branco sistema la palla a terra. Cerca il punto esatto in cui è sistemata la valvola. È proprio lì dove, con le tre dita esterne del piede, colpirà la sfera, imprimendo una traiettoria a rientrare. Lo stadio resta in silenzio. Come in attesa del trucco del coniglio da parte del mago. Ci si è abituati, ma stasera sarebbe speciale. Anche perché, stavolta, sul palcoscenico, ci sono attori di prim’ordine. Parte il tiro. Fortissimo. Visto dalla nord, ovvero dal punto di osservazione di chi calcia, la sfera in aria sembra cambiare due volte traiettoria. Impossibile fermarla per il portiere avversario. La rete si gonfia, lo stadio esplode. È il due e zero, meritato. La formazione del grande Osvaldo entra nella storia. E dire che stasera è scesa in campo con la maglia bianca con banda rossoblù orizzontale e stemma al centro, calzoncini e calzettoni blu, per rendere omaggio alla divisa spesso utilizzata a Marassi nei lontani anni di gloria del Genoa più forte della storia. Che per una notte è tornata a far capolino lungo il Bisagno.

Paolo Sacchi

Genoa 2-0 Liverpool

Marcatori: Fiorin 39, Branco 88.

Genoa: Braglia, Torrente, Branco, Eranio, Collovati, Signorini, Ruotolo, Bortolazzi, Aguilera, Skuhravy, Fiorin (Onorati 69). All.: Bagnoli.

Liverpool: Hooper, R. Jones, Burrows, Nicol, Wright, Marsh, Saunders, Houghton, Walters (Venison 83), Molby, McManaman. All.: Souness.

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.