La forma dell’ Acquah

“Oggi si è allenato con la prima squadra. Ti assicuro, è un fenomeno”. Correva l’estate del 2007 e Sam Robinson, dirigente del Glentoran, non poteva credere ai suoi occhi. Un ragazzino quindicenne del Ghana in grado di tener testa a collaudati mestieranti del pallone. Afriyie Acquah, questo il suo nome, era a Belfast in quanto scelto quale migliore giocatore della scuola calcio creata e finanziata dal Glentoran Community Trust, un’associazione filantropica legata all’omonimo club calcistico. A metà del primo decennio del nuovo secolo, senza alcun fine di lucro, il Gct aveva donato soldi e spedito mezzi e materiale a Sunyani, cittadina a cinque ore dalla capitale Accra. Un obiettivo virtuoso: la pura solidarietà. Aiutare i bambini di posto disagiato attraverso una scuola calcio. Con un piccolo incentivo in più: per il “migliore” di loro, tutti d’età compresa tra i nove e i sedici anni, era previsto un premio. A fine stagione sarebbe volato direttamente in Irlanda del Nord a vestire la maglia rosso-verde-nera dei “Glens”. Ad aggiudicarselo, manco a dirlo, fu l’attuale centrocampista dell’Empoli. Impacchettata la valigia, l’avrebbero atteso quindici giorni ospite a casa Robinson e altrettanti di allenamenti con la prima squadra dello storico club della Irish League.

Per quanto il Glentoran evidentemente non sia ne ricco né celebre come la Juventus – da cui venne sconfitto di misura in Coppa dei Campioni giusto vent’anni prima – o il Liverpool, indossare la maglia di un club che partecipa alle coppe europee fa sempre comunque un certo effetto, soprattutto se coincide col primo viaggio all’estero di un teenager africano che vive in un luogo in cui si fa fatica ad arrivare a fine mese. Anche per questo motivo Afriyie ricorda l’esperienza sempre con grande affetto ed emozione. Amici nuovi, la playstation, il gelato, i prati verdi, che gli ispiravano enormi campo di calcio. “Voleva allenarsi e giocare sempre”, ricorda il suo “tutore” britannico. “Da solo o con la squadra poco importava: gli bastava ci fosse un pallone”. Mai vista una passione del genere in un ragazzino”. Alla scadenza delle due settimane, come previsto, è tempo di tornare a casa. A malincuore per tutti e a prescindere dall’evidente bravura, non solo tecnica. Peraltro, anche volesse, il Glentoran non potrebbe trattenerlo. Per ragioni innanzitutto etiche (stiamo parlando di un’associazione benefica) unite alle rigide regole legate all’immigrazione nel Regno Unito. Così le strade tra Acquah e il Glentoran separano definitivamente. Raggiunti i limiti d’età, il giocatore lascia anche la scuola calcio, quella che a posteriori la si può definire la base di partenza della sua carriera.

Il buon Sam aveva ragione: Acquah a calcio era davvero bravo. Il resto della storia, o del romanzo, è piuttosto noto. Le qualità non hanno tardato a emergere. Un paio d’anni più tardi quel viaggio in Nord Irlanda a intuirne le potenzialità sono stati gli scout del Palermo. Ingaggiato per la Primavera rosanero, Afriyie ha bruciato le tappe: debutto in prima squadra, finale di Coppa Italia da titolare contro l’Inter di Mourinho e, a seguire, ottime annate con Parma, Sampdoria e Torino, per un totale di otto stagioni in serie A, fino al passaggio all’Empoli, prossima avversaria del Chievo, ad inizio agosto. Nel mezzo, una trentina di presenze in nazionale, tra cui ai Mondiali 2014 e alla Coppa d’Africa 2015 dove vince il premio di migliore giocatore della finale. Buona tecnica, grande grinta, forte fisicamente, in grado di giocare in qualsiasi posizione sulla linea mediana, a ventisei anni è nel pieno della sua maturità agonistica.

E Sam? In questi anni chi lo aveva sostenuto ad inizio carriera e il calciatore diventato una star nel suo Paese d’origine e un professionista nel massimo campionato italiano non si sono persi di vista. Non solo con Robinson, di cui si è interessato anche la BBC, ma anche Gavin Campbell, tifoso “sponsor” della sua divisa da gioco – tipica usanza britannica mai tramontata – all’epoca della scuola calcio di Sunyani. Da East Belfast lo seguono costantemente, con puntate in Italia per goderselo dal vivo, coltivando un piccolo-grande sogno nel cuore. Che un giorno, tra tanti anni, magari sul finale di carriera, dopo averla indossata da ragazzino, l’oggi grande Acquah possa tornare a vestire la maglia del piccolo Glentoran. Proprio come fece un certo George Best. Sarebbe il perfetto finale di un romanzo sportivo.

Paolo Sacchi

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(Foto Glentoran FC)

 

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.