Fino Fini è stato per vent’anni, dal 1962 al 1982, il medico della Nazionale Italiana di calcio. Ha partecipato a sei Mondiali, tra cui appunto Spagna ’82, e fino al 1996 ha ricoperto la mansione di direttore del Centro Tecnico Federale di Coverciano. Stiamo parlando insomma di un uomo che, morto oggi all’età di 92 anni, dietro le quinte ha recitato un ruolo di primo piano, ben oltre la curiosità del suo nome che, da bambino, nel leggerlo nelle cronache sportive, aveva attratto la mia attenzione verso di lui.
Ho avuto finalmente l’onore di conoscere il Dottor Fini di persona nel 2014 e poi rivederlo nell’occasione di alcune visite al Museo del Calcio, da lui ideato e situato all’interno del Centro Tecnico. Poche altre volte le ore precedenti alle partite di serie A che avremmo poi dovuto commentare, nella fattispecie a Firenze e Empoli, sono state così affascinanti come nel scoprire la sua “creatura”. Il museo – Fini era presidente dell’omonima Fondazione – è nato soprattutto per celebrare la storia della nazionale italiana, dunque con una collocazione logistica ideale all’interno proprio del centro utilizzato non solo dalle selezioni azzurre ma anche dalle squadre di club nei ritiri pre-partita.
Di quegli estemporanei incontri resta il rispetto così come la cortesia con cui ha sempre accolto noi sconosciuti giornalisti al seguito del Chievo. Forse, ho sempre pensato, nella certezza della condivisione del suo enorme amore verso il calcio, idealmente trasmesso dalla gioia e l’attenzione riservata ogni volta nella visita di quella preziosa collezione di divise, palloni, programmi e cimeli appartenuti agli azzurri di ogni epoca. Un’attenzione, anzi un interesse verso il calcio, verso il passato e le tracce lasciate nella cultura del Paese – e non certo una nostalgia di “come eravamo” – che con dispiacere sembrava non ritrovare nelle nuove generazioni dei frequentatori del centro. Lo si captava dalle sue parole: per uno che ha frequentato Rivera, Bearzot, Baggio e tanti campioni ispirati da altrettanti campioni precedenti, non vedere oggi quell’analogo interesse forse resta l’unica amarezza in una carriera a suo modo straordinaria.