La petizione suicida

Il dibattito sui voucher, cioè alla garanzia del controvalore dei servizi di viaggio non utilizzati al posto del rimborso in denaro, si è riacceso grazie – si fa per dire – a Confconsumatori. La sensazione è che ci sia un aspetto che pare sfugga a chi fomenta nel tentativo di mostrarsi animato da buone intenzioni. Con tanto di petizione, mentre si sbandiera il voucher come danno, si trascura il rischio (altrui) di raccogliere solo le beffe: i costi da aggiungere per le spese legali senza ottenere nulla a causa del fallimento del sistema.

La questione in Svizzera è stata colta dal Consiglio Federale che, a tutela del settore viaggi, ha deliberato che fino al 30 settembre non si potrà adire a vie legali contro le agenzie che non versano il risarcimento ai clienti per i viaggi pagati ma annullati causa Covid-19. Una decisione che mira a dare una tregua al comparto del turismo sul piano finanziario e quindi a evitare un’ondata di fallimenti ma anche a tutelare i consumatori che, in caso di crack dell’agenzia, vedrebbero complicarsi l’ottenimento del rimborso. Il voucher in Italia ha la stessa funzione, semmai in un’accezione ancor più virtuosa: ha anche il pregio di riattivare il settore nel momento in cui i clienti potranno tornare a viaggiare. Tutto chiaro, tranne forse a chi dice di tutelare i clienti

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.