Maraschi e la prima volta allo stadio

Si è spento Mario Maraschi, ex calciatore di Vicenza, Milan, Fiorentina, Bologna, Lazio e Sampdoria. Centravanti, nato a Lodi ma da anni residente ad Arcugnano, nella provincia berica.

Ci sono persone rispetto alle quali siamo perfetti sconosciuti ma associamo a circostanze particolari e restano indelebilmente legati a carissimi ricordi della nostra vita. Non necessariamente sono dei miti: è ovvio che il momento in cui si è visto dal vivo il Papa, Maradona o Bono Vox finisca di diritto tra i ricordi indelebili anche in era pre-selfie. Ci riferiamo a chiunque il destino abbia abbinato a noi in momenti diventati simbolici. Come è accaduto, nel caso specifico, con Mario Maraschi che, senza volerlo, lo abbiamo sempre tenuto caro in quanto rappresenta una tappa della nostra vita e l’unico rimpianto semmai è dirglielo solo ora.

La memoria è selettiva. Ci sono ricordi che affondano nell’oblio della mente. Di questo invece, e siamo nel marzo del 1974, di una lontanissima domenica alla partita – la prima in senso assoluto – conserviamo immagini quasi nitide, come fossimo ancora lì. Ci rivediamo così seduti al piano basso dei distinti di Marassi nell’intento di osservare le due gradinate. Il debutto allo stadio coincide con un “derby dei poveri” tra Genoa e Sampdoria, ultima e penultima di A. Una stracittadina però resta tale sempre e comunque. Il Ferraris è pieno: ci sono i palloncini, i coriandoli e qualche bandiera. Una coreografia autenticamente spontanea. Poi c’è la partita.

Piccoli frammenti: Mariolino Corso, che in rossoblù sta chiudendo un’onorata carriera. Un ragazzo, peraltro baffuto, che chiama Roberto Pruzzo ed è seduto in panchina. Poi abbiamo un vuoto sino quasi alla fine. Sino a quando il Genoa va in vantaggio. Il tocco decisivo è di Roberto Derlin, ma qui ricordiamo solo la felicità di papà. Sembra fatta invece non lo è. A farci capire come funziona, nel calcio ma non solo, nell’occasione è un centrattacco stagionato. Si chiama Mario Maraschi, gioca nel Doria e cambierà l’umore della serata a tutti i presenti allo stadio. Nel disperato tentativo di pareggiare, la Samp attacca. Nell’area spiove il pallone. E se il gol del Genoa, il primo a cui assistiamo dal vivo, per paradosso nella mente si è cancellato tra i ricordi, l’azione del numero nove blucerchiato l’abbiamo conservata indelebile pietra miliare del primo grande souvenir della nostra passione per questo sport.

Maraschi è diventato parte della nostra vita con una giocata memorabile, al novantesimo minuto di gioco. Stop di petto e rovesciata, in perfetto asse con il nostro punto d’osservazione. La giravolta la ricordiamo come a rallentatore, con la palla che scompare alle spalle di chi l’ha calciata e la suspence successiva. È il battesimo con il calcio ad un bambino dell’asilo a cui viene insegnato che le partite durano novanta minuti. Ma soprattutto che non bisogna mai dare nulla per scontato. Quel giorno, l’abbiamo imparato attraverso un calciatore che da allora è il primo inconsapevole compagno dei ricordi non mediati dalla tv legati al nostro sport preferito.

Buon viaggio, Mario.

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.