Un autogol per Wembley

7 febbraio 1996, Genoa-Cesena

Gigi Peronace è stato un personaggio d’altri tempi. Nel senso che era, ad occhio, avanti almeno una trentina d’anni rispetto al calcio dell’epoca, per visione e interpretazione del proprio ruolo. Oggi lo definiremmo genericamente un “dirigente sportivo”. In realtà è stato nello stesso tempo agente, procuratore, manager, organizzatore di eventi e talent scout, guadagnandosi la stima incondizionata e il rispetto facendo spola tra l’Italia e l’Inghilterra. Lo si potrebbe definire una sorta di anello di congiunzione tra due Paesi non solo virtualmente lontani tra loro per cultura calcistica e costumi.

Calabrese d’origine, trapiantato nella swinging London degli anni sessanta, Peronace ha seguito i trasferimenti di Laws e Baker verso il Torino per poi diventare una sorta di punto di riferimento tra le rispettive federazioni calcistiche. Tra le tante idee e progetti, è evidente la sua firma nella ideazione di un torneo che, nel 1970, oltre a sancire la collaborazione tra la F.A. e la Figc, ne fotografa le capacità e l’influenza ad alto livello.

Nei suoi ventisei anni d’esistenza, la Coppa Anglo-Italiana, dal fascino altalenante – l’albo d’oro allinea società come Roma e Francavilla, Newcastle United e Sutton, tra le vincitrici – ha cambiato costantemente regolamento e partecipanti in una costante discontinuità fino alla definitiva interruzione nel 1996, dopo la finale disputata a Londra tra Port Vale e Genoa, su cui torneremo più avanti. L’ultima partita della storia del trofeo in terra italiana è stata la semifinale di ritorno tra Genoa e Cesena, giocata a Marassi in un orario e in un giorno, per quanto infelice – le 14.30 di in un mercoledì pomeriggio d’inizio febbraio – non hanno sorprendentemente frenato alcune migliaia di persone dal desiderio di esserci. Il motivo per cui un manipolo non irrilevante di  paganti volontari si sia presentato allo stadio per una contesa in pratica già decisa dal punteggio dell’andata (4-0 per i rossoblù) è presto detto. Dopo oltre un secolo di storia, il vecchio grifone dal pedigree british stava per volare verso Wembley, verso la patria dei padri fondatori del club rappresentata orgogliosamente nei colori sociali. Un evento che per alcuni valeva ben più di un paio d’ore di ferie dal lavoro o rubate allo studio.

Difficile dire che quel Genoa-Cesena passerà alla storia e che in quei novanta minuti in molti si siano commossi di fronte ad una gara piatta, decisa a favore del Genoa da un autogol finale di Foschi – giocatore immediatamente sparito dai radar del calco pro – necessario a smuovere un tabellino altrimenti intonso anche quanto a emozioni. Anche se è vero che se addirittura la grandezza di personaggi come Peronace – scomparso prematuramente nel 1980 – oggi sembra finita nel dimenticatoio insieme alla “sua” Coppa Anglo-Italiana, tuttavia non sempre la storia regala necessariamente interpreti e situazioni epiche. A volte ci si deve saper accontentare.

Paolo Sacchi

Genoa-Cesena 1-0

Marcatore: Foschi (autorete) 89′

GENOA: Pastine, Ruotolo, Nicola, Galante, Francesconi, Van’t Schip, (46′ Balducci), Bortolazzi, Cavallo, Onorati, Pagliarini, (73′ Magoni), Nappi. All: Radice

CESENA: Sardini, Teodorani, Scugugia, Foschi, Codispoti, Piraccini, (54′ Ponzo), Piangerelli, Favi (50′ Fonetti), Bizzarri, (67′ Hubner) Binotto. All Tardelli.

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.