Forever Everton

Liverpool, 21 gennaio 2012; Everton-Blackburn Rovers

Quanto ci ha affascinato il calcio inglese negli anni settanta e ottanta? La domanda è pleonastica. Tra il piacere di viverlo dal vivo oppure navigando tra le pagine cartacee del Guerin Sportivo e di “Shoot!“, tra telecronache visibili sulla TSI e altre intercettate qua e là, ci ha trasferito la passione per un mondo che oggi, diciamola tutta, non esiste più. Un mondo lontano non solo perchè la fruizione on-demand – virtuale e reale – ha ridimensionato la poesia se non l’emozione generata dalla psicologia della  “carenza”, dell’evento o dell’oggetto unico e irripetibile. In fondo, la Premier League, torneo gestito con straordinaria professionalità a ogni livello, almeno a chi ha termini di paragone con il passato, al contatto con le papille gustative oggi talvolta genera un retrogusto di plastica. Come la riproduzione di un oggetto artefatto, simile ma in realtà diverso dall’originale.

Riflettevamo a tutto questo seduti sulle tribune di Goodison Park a due passi dal campo, durante una gara in cui un non trascendentale Everton sfidava il Blackburn Rovers terz’ultimo in classifica. Anche Liverpool tutto sommato è appesa tra passato e futuro. Il distretto One è diventato un centro commerciale all’aperto, stravolgendo una irriconoscibile parte della città vecchia, il porto antico è stato invece trasformato in un suggestivo quartiere sul mare: in questo caso le strutture in mattoni sono state conservate, dunque non è andato perso il fascino della città portuale di un tempo, la cui autenticità semmai la si ritrova giusto in periferia in strade come la Penny Lane cantata da Paul MacCartney e soci. In fondo Liverpool ha conservato intatti anche alcuni aspetti che la rendono speciale. L’accoglienza, soprattutto. Per quanto il dialetto scouse sia incomprensibile, si trova sempre qualcuno pronto a fare due chiacchiere, in un clima cordiale che difficilmente trova eguali in Inghilterra. Il calcio? Si, certo, è cambiato. Ad Anfield Road, – e ne riparleremo -proprietari americani ingaggiano decine di giocatori stranieri che sono sostenuti da un pubblico clamorosamente eterogeneo ed economicamente benestante. Restano i Blues che, anche se non sono più la squadra che rivaleggiava con i Reds per il titolo di campione d’Inghilterra come nella metà degli anni ottanta, conservano intatto il loro fascino. Certo, Reid, Southall, Sharp e Steven sono un lontano ricordo ma sulle tribune l’atmosfera non delude. Come contro il Blackburn, il “roar” autentico si fa incalzante col passare dei minuti, fino all’1-1 finale. Risultato se vogliamo deludente, nonostante l’intensità messa in campo da Donovan e Fellaini. Ma Gooodison Park, in fondo, non è cambiato e questa, nella Liveropooi della prima decade del secondo millennio, è già una notizia.

Paolo Sacchi

timcahill21.01

Everton-Blackburn Rovers 1-1

Marcatori: Cahill 24, Goodwillie 72

Everton: Howard, Neville, Duffy, Heitinga, Baines, Donovan, Gibson (Stracqualursi 87), Fellaini, Anichebe (Vellios 80), Cahill, Saha (Drenthe 54).

Blackburn: Robinson, Lowe, Dann, Givet, Olsson, Nzonzi, Hoilett, Petrovic, Dunn (Formica 60), Pedersen, Goodwillie (Modeste 75).

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.