L’anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale mi ha sempre riportato alla mente un libro, meraviglioso, di Curzio Malaparte.
“Viva Caporetto – La rivolta dei santi maledetti”, censurato alla sua uscita nel 1921, è un saggio in cui l’autore, giornalista autentico e testimone, ribalta la narrazione imperante nell’epoca, senza fronzoli e con un linguaggio provocatorio, lontanissimo dalla retorica e dalle convenzioni. Ovvero, analizza e racconta la Grande Guerra come un’inutile strage e soprattutto attribuisce, prima di tutti, la cosiddetta “vergogna” di Caporetto in toto all’incapacità e la irresponsabilità della classe dirigente. Malaparte salva, anzi nobilita, solo i poveri fanti del regio esercito, umili “santi maledetti” mandati al macello spesso senza un perché. In realtà, per paradosso, “Viva Caporetto” è un testo sinceramente patriottico e nelle sue pagine offre una straordinaria lezione di giornalismo, di capacità di analisi socio-politica oltre che essere un commosso omaggio alle migliaia di soldati caduti.
Una chiave di lettura da eccellente cronista e testimone oculare, osteggiata per decenni ma a cui il tempo, galantuomo, ha dato ragione