Credetemi: raccontare un’intera partita in diretta alla radio è un’esperienza straordinaria. Ogni volta ho la sensazione di intraprendere una sorta di viaggio verso una meta affascinante e sconosciuta. Parto sempre con la valigia, in cui c’è il kit per la messa in onda (collegare i cavi correttamente resta per me la prova più complicata, come si evince dalla foto) e il bagaglio più divertente: informazioni, dati, curiosità e notizie che serviranno a sostenere il racconto dei novanta minuti in diretta, al pari della bottiglietta d’acqua.
Novanta minuti che a volte sono lunghi, soprattutto quando si affrontano in solitaria. Anche perché, un po’ come avviene per i ventidue che scendono in campo, una volta che l’arbitro fischia si deve iniziare a correre. Non con i piedi (meglio per tutti!) ma con le parole. La connessione cervello-lingua è fondamentale: si fa il possibile per tenerla stabile, cercando di far girarla velocemente e trasferire al meglio a chi ascolta quel che accade. Ah, sempre tenendo la bilancia in mano: tra tecnicismi, senso dell’umorismo e coinvolgimento emotivo.
Tutto questo mi è venuto in mente perché, giusto dieci anni fa, in questi giorni, partecipavo alla prima radiocronaca della mia vita: Chievo-Genoa, al Bentegodi, coinvolto da Simone Antolini. Ne sono arrivate altre, sia con lui che con Andrea Spiazzi, per poi decollare sette stagioni fa nella grande avventura con Ernesto Kieffer a seguito del A.C.ChievoVerona, prima su Radio Universal e poi Radio Stella FM. Il poeta dice che le gioie non sono vere se non sono condivise. Pertanto colgo l’occasione per ringraziare chi ha partecipato a vario titolo a questo percorso che mi auguro ancora lungo e ricco di emozioni, da affrontare con l’unica benzina che non costa nulla: la passione.
Grazie a tutti gli ascoltatori e ai professionisti, da cui ho sempre qualcosa da imparare, avuti al mio fianco – non solo in senso fisico – durante le ormai diverse centinaia di partite vissute dal vivo in giro per gli stadi d’Italia.