Quando i bambini fanno gol

Chi sbaglia paga è un detto con cui i gialloblù si sono dovuti confrontare spesso in questa stagione. È altrettanto vero che il tre a zero maturato tra Torino Chievo è un punteggio ingeneroso, beffardo. Uno score che mortifica una buona prestazione di una compagine capace di mettere in difficoltà avversari che, almeno per trequarti di gara, sono apparsi quasi inspiegabilmente trentun punti avanti in classifica. Questo è il calcio e non ci si può far niente, verrebbe da aggiungere parafrasando una frase di un celebre film. Invece no: perché, per quanto valga, stavolta il mea culpa da recitare è con uno stato d’animo più contrito del solito.

Finale amaro

Il rimpianto dei gialloblù è quello di chi ha saputo tenere bene il campo e, in definitiva, paga cari errori individuali sui gol non segnati e su quelli subiti. Due dei quali arrivati nell’ultimo lembo di gara, quando il morale era sceso già ai minimi termini e la spina staccata in attesa del triplice fischio. Un’amarezza che mortifica pure quel che di positivo si era creato in una gara nata su premesse complicate.

Contro una formazione imbattuta da cinque turni, Di Carlo aveva saputo ridisegnare la squadra al netto degli uomini disponibili attraverso una gestione accorta del campo. Partito con la consapevolezza che la compagine di Mazzarri preferisce andare a rimorchio, Mimmo ha piazzato un centrocampo di lotta e di governo, con Leris e Dioussé in appoggio a Rigoni. Mantenendosi inizialmente basso, il suo undici ha atteso i granata nella propria metà campo per poi ripartire con accelerazioni veloci e cambi di gioco repentini. Incanalata la sfida su binari congeniali, ha supplito anche la solita tegola di un uomo anzitempo K.O. Nonostante l’uscita di Schelotto, con grande rammarico della perdita di un giocatore in grado di infondere grinta e energia, il Chievo ha continuato a giocare con il piglio giusto. Lo ha fatto restando ordinato in difesa ma senza disdegnare sortite offensive, stimolate dal dinamismo di Depaoli e Jaroszynski.

Chi semina e chi raccoglie

Alla fine, dopo aver seminato, si dovrebbe raccogliere i frutti. I gialloblù, invece, ancora una volta sono mancati proprio lì dove avrebbero potuto farlo. Con un paradosso: se dalla cintola in su con il Genoa avevano faticato, stavolta al tiro ci sono arrivati eccome. Nel calcio, però come sanno anche i bambini, solo chi segna può vincere. E di bambini nell’impianto dedicato al Grande Torino ce n’erano davvero molti. Felici di essere allo stadio ma, almeno fino alla sberla di Belotti con cui i padroni di casa sono passati in vantaggio dopo settantasei minuti, non proprio affascinati dalla prestazione dei loro beniamini. Alla vista di un Toro modesto, in difficoltà con l’ultima della classe, a partire dalla fine dell’intervallo, i piccoli tifosi del settore “primavera” anziché seguire la partita hanno preferito dedicarsi a quel che amano di più. Cioè, giocare a calcio.

La partita parallela

Quale miglior occasione per scatenare la loro passione se non letteralmente al fianco dei loro beniamini? Complice un ampio spazio tra la barriera che divide il terreno di gioco dagli spalti e la prima fila di seggiolini della curva, una volta recuperato non si sa dove un pallone di plastica, una ventina di bimbi si sono organizzati come solo loro sanno fare.

È bastato un colpo d’occhio per definire due squadre: quelli con addosso una maglia granata contro chi non l’aveva. La configurazione del “campo” e la solita iniziale penuria di candidati al ruolo di portiere hanno determinato le scelte successive. Individuato un volontario emulo di Sirigu, i piccoli hanno scelto di giocare “all’americana”, sfruttando le vetrate delimitanti il settore con la tribuna centrale quale “porta” ideale.

I bambini fanno gol

La sfida calcistica improvvisata tra i giovanissimi tifosi ha continuato imperterrita fino al gol del vantaggio del Toro, interrotta solo in un paio di occasioni quando la palla – poi gentilmente restituita dai raccattapalle ai legittimi proprietari – è finita inavvertitamente sul prato verde limitrofo a quello su cui giocavano Torino e Chievo.

Nonostante abbia attratto gli sguardi divertiti di un intero spicchio di stadio, del match tra i piccoli calciatori si ignora il risultato finale. Dalle ripetute scene d’esultanza dovrebbe essere stata ricca di marcature. Alcune delle quali – ci è stato riferito – arrivate in circostanze più complicate rispetto a quella doppia occasione clamorosa mancata da Djordevic che, sullo zero a zero, avrebbe potuto cambiare la storia della gara. Per la gioia, ahinoi, dei supporter granata, grandi e piccini.

(www.ilnazionale.net)

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.