Cento di questi gol – intervista a Sergio Pellissier

Domenica sera, aeroporto di Villafranca. Terminal arrivi. Micaela sta attendendo che il marito Sergio torni da un viaggio di lavoro a Palermo. Quando esce dalle porte scorrevoli, si salutano affettuosamente. Poi accelerano il passo verso la loro auto: a casa ci sono i figli che li aspettano. Sembrano due persone comuni. In realtà il marito, che di cognome fa Pellissier, ha appena raggiunto un traguardo professionale straordinario. Da qualche ora è entrato di diritto nella storia del calcio italiano. Ha realizzato la sua centesima rete in serie A con la maglia della squadra della sua vita, il ChievoVerona.

Capitano, come hai dormito domenica sera?

Benissimo. Sono comunque uno che dorme sempre bene. Anche se domenica, a dire la verità, mi sono svegliato un paio di volte per il bambino. Nessun problema però. Dopo la trasferta sono rincasato quasi subito. Giusto un panino al volo con mia moglie e poi dritti verso casa: sapete com’è, abbiamo una certa età…

Non si può dire che non sia stata una giornata speciale.

È stata una domenica indimenticabile, da incorniciare. È andato tutto per il verso giusto. Innanzitutto perché abbiamo vinto. Poi ovviamente il gol e la soddisfazione di essere riuscito a centrare questo traguardo per me importantissimo. Credo molto nel destino: è arrivato nel momento giusto, nella giornata ideale. Ci sono stati dei momenti in cui ho sofferto tanto e nella vita talvolta si va avanti proprio perché ci si pone degli obiettivi: qualche settimana fa ho superato le 400 presenze in serie A e ora è arrivato il centesimo gol.

Hai segnato reti con entrambi i piedi, di tacco e testa: il primo gol assoluto, contro il Parma nel 2002, lo avevi realizzato di sinistro e in trasferta, proprio come quello al Palermo. Anche qui c’entra il destino?

Chissà, forse si. In ogni caso, l’importante è sempre metterla dentro e che il gol aiuti a far vincere la squadra. Proprio come è accaduto domenica scorsa ed era accaduto quella volta a Parma.

Goldaniga sbaglia il passaggio, tu scarti Posavec e vai in gol. Quando hai visto la rete gonfiarsi, cos’hai pensato?

Far gol è sempre un’emozione enorme. Quando segno, la gioia è sempre la stessa, indipendentemente dal peso personale della rete che realizzo. Lo stesso, lì per lì, l’ho provato alla Favorita: quando però tutti i compagni mi hanno accerchiato per festeggiarmi, i loro volti e i loro gesti mi hanno fatto capire che quella rete non era come tutte le altre. Inutile dire che sia stato un momento stupendo.

Estate 2000: ti saresti mai aspettato di essere qui, oggi, con 100 gol in A tutti in gialloblù?

Quando sono arrivato al Chievo speravo di poter intraprendere una carriera con questa maglia e avere tante soddisfazioni. Di sicuro non avrei mai immaginato che questa sarebbe stata la squadra della mia vita, né poter riuscire a raggiungere obiettivi del genere. Invece è andata al di là delle aspettative e oggi qui ho tanti tifosi e tanti amici da cui capisco di essere apprezzato. Hanno atteso con me l’arrivo di questa rete. Qui mi sento come in famiglia, mi sento importante. È bellissimo, più come persona che come calciatore.

Recentemente al Bentegodi c’è stata un’ovazione in campo per le “Chievo Legends”, gli ex giocatori più amati dalla tifoseria gialloblù tornati a Verona per una giornata speciale. A giudicare dai messaggi e dalle attestazioni ricevute in questa settimana, è spontaneo considerare Pellissier è una “living legend”, una leggenda vivente.

Mi fa davvero piacere. Non sarei riuscito ad ottenere certi risultati senza il sostegno di chi ti apprezza, della famiglia, soprattutto quando le cose non vanno per il verso giusto. È facile stare vicini alle persone quando tutto va bene: per me è stato fondamentale sentirne la vicinanza nei momenti difficili attraversati degli ultimi anni, dentro e fuori dal calcio. Sapere, vedere quotidianamente che in tanti mi sostenevano, sentirli dalla mia parte, è stato uno stimolo in più che mi ha permesso di tenere duro.

C’è una rete a cui sei particolarmente affezionato?

Difficile individuarne una soltanto: ne ho tante nel cuore. A partire dalla tripletta alla Juventus [a Torino, con in porta Gigi Buffon, Ndr]. Ricordo anche quello realizzato al Toro, per non citare il gol numero cento complessivo con la maglia del Chievo, in una fredda serata a Novara. Anche in quel caso, lo avevo atteso davvero a lungo. Oltretutto in quel periodo giocavo ancora tutte le partite da titolare e quindi soffrivo ancor di più per il fatto di non riuscire a realizzarlo. La pressione era tanta: poi per fortuna è finalmente arrivato.

C’è stato un avversario con cui ti sei sentito meno a tu agio in area di rigore? Ovvero quello che non avresti mai voluto affrontare?

Una volta ho penato veramente tanto con Alessandro Nesta. Un difensore super, difficile da affrontare: intelligente, velocissimo. E dire che all’epoca ero rapido pure io. Fu per me comunque una bellissima sfida contro un giocatore davvero straordinario.

Come si arriva a segnare cento gol in A?

Innanzitutto bisogna essere fortunati. Non sempre nella vita ci si trova nel posto giusto al momento giusto. Chi non ha le qualità tecniche dei grandi campioni deve ricorrere ovviamente a qualcos’altro. Da parte mia credo di aver avuto testa e orgoglio. Ho sempre lottato dall’inizio alla fine, non ho mai mollato. Ho sempre cercato di rispondere sul campo ad ogni critica, cercando di mostrare che chi mi criticava si sbagliava. Questo mi ha aiutato e stimolato ad impegnarmi al massimo e raggiungere gli obiettivi.

Sei arrivato a 126 reti complessive col Chievo. A dire il vero i tifosi gialloblù ne aggiungono un altro nelle statistiche: quello in Nazionale, nel giugno 2009, all’Irlanda del Nord.

Un gol particolare. Sono riuscito ad arrivare in Nazionale giocando tuta la carriera nel Chievo, il che non è affatto semplice. Un traguardo che  mi riempie d’orgoglio. È una sorta di ciliegina sula torta di una carriera. È stato il coronamento di un sogno comune a tutti i bambini che giocano a calcio. È una serata indimenticabile. Il fatto di essere sceso in campo con la maglia azzurra ha un significato importante: testimonia che ho ottenuto tanto nella mia carriera.

La carriera di Sergio Pellissier non finirà mica qui, vero?

Spero di giocare ancora tanti anni. Mi diverto, mi sento bene. Il calciatore è il mio mestiere e la mia passione: immaginare che un giorno dovrò mollare tutto non è un pensiero facile da gestire. Chiudere un ciclo e ricominciare daccapo non sarà così semplice, anche se so che un giorno accadrà e so di doverlo mettere in conto. Spero dunque di restare sul campo ancora a lungo e regalare ai tifosi del Chievo altre soddisfazioni e altri gol.

Paolo Sacchi

in esclusiva per MondoChievo

pelogolpalermo

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.