Derby amaro

Il derby va all’Hellas e il Chievo finisce risucchiato nella zona a rischio. Il responso del campo conferma due capisaldi del calcio: che qualità e tecnica non bastano a vincere le partite e credere in se stessi  è fattore imprescindibile per raggiungere un obiettivo, a prescindere dalle risorse a disposizione.

Si dice che la miglior difesa sia l’attacco: con un paio di assenze importanti, forse anche per mandare un segnale agli avversari, nella prima parte di gara gli uomini di Pecchia mostrano i denti. Nulla di trascendentale, anche perché i pericoli per Sorrentino restano circoscritti ad una botta di Buchel da fuori che scalda i pugni. Comunque sia, è un messaggio non troppo subliminale. Il Chievo gioca sornione, come in attesa che la verve dei padroni di casa inizi a affievolirsi. Quando avviene, col passare dei minuti Radovanovic e soci guadagnano metri e iniziano a punzecchiare in avanti. Si privilegia la palla alta dalle retrovie, seguita da spizzata di testa di Meggiorini per Inglese o Castro che s’inseriscono negli spazi. L’Hellas trema su un paio di corner ma soprattutto verso il finale di tempo, quando il Pata è bravo a ritagliarsi un’occasione d’oro. È la più ghiotta palla-gol del derby. Nel caparbio break in area da destra, si trova a tu per tu con Nicolas. Il portiere legge bene la situazione: esce dai pali e, in qualche modo, chiude lo specchio della porta.

La ripresa inizia con un cambio forzato. Giaccherini rileva Meggiorini, mossa che cambia le premesse di sviluppo del gioco della formazione di Maran. Implicito che si prediligerà la manovra con palla a terra  piuttosto che con il lancio dalle retrovie verso le torri. L’approccio di Giak alla gara suggerisce pensieri positivi che il campo però costringe a rielaborare nel giro di pochi minuti. Colpa – o merito – di Verde, che non demorde dopo un cross sbagliato. Recupera la palla e si rifà con gli interessi. Da sinistra piazza un assist basso che mette Caracciolo in condizione di calciare. Sorrentino può solo vedere la girata verso il palo più lontano. Brutte notizie per il Chievo: uno a zero e morale sotto i tacchetti. Per quanto ordinata e meglio strutturata in fase di palleggio, la squadra non riesce a cambiare il passo. Pecchia fa chiudere a riccio i suoi. E fa benissimo: non è un catenaccio ma piuttosto una difesa accorta, aggressiva, che chiude gli spazi e intasa le linee. Più che una trincea, la metà campo dell’Hellas diventa una palude in cui Birsa e compagni finiscono per impantanarsi. L’uscita palla al piede è ordinata, come le sovrapposizioni: però non sono sufficienti e Nicolas resta pressoché inoperoso. Dalla propria area il portiere assiste ad una serie di cross inefficaci e tentativi di sfondamento che impattano sul muro eretto da Calvano – migliore in campo – Buchel e Felicioli. Nel frattempo, col ritmo che non si alza, gli spazi si restringono e il muro regge, nonostante nel finale Maran metta in campo anche Stepinski. Finisce così: uno a zero per l’Hellas. La morale è sempre quella: nel calcio la cifra tecnica è importante ma non fondamentale. Oltre all’organizzazione e a un pizzico di fortuna, che non guasta mai, credere nei propri mezzi può diventare una discriminante nel decidere una gara. Dunque onore all’Hellas, bravo a capitalizzare l’unica vera palla gol in novanta minuti, a difenderla con ordine e coraggio fino alla fine.

Il derby suggerisce che la squadra oggi sia più da lettino dello psicanalista che del medico. Fuor di metafora, la crisi invernale non è ancora superata, la delusione è palpabile e lo stesso vale per la preoccupazione, in crescita proporzionale. Inutile girarci intorno: i risultati degli ultimi tre mesi hanno minato le certezze acquisite. Proprio per questo, l’ispirazione ce la fornisce la squadra di Pecchia: credere in se stessi  è un fattore imprescindibile per raggiungere un obiettivo. In questo momento, occorre grande lucidità ma anche segnali  incoraggianti. Per quanto sia un risveglio difficile, la storia e la letteratura ce lo insegnano: abbattersi aiuta solo gli avversari. A undici partite dalla fine della stagione, non è il caso.

Paolo Sacchi

(foto AC ChievoVerona)

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.