Gaudino magnum

La scuola di papà Maurizio – vincitore della Bundesliga nel 1992 con lo Stoccarda – e la fiducia di Guardiola, che lo fece esordire diciassettenne nel Bayern, hanno da subito stuzzicato la fantasia dei tifosi del ChievoVerona. L’attesa di vederlo in campo in una gara ufficiale è terminata: nelle ultime settimane per Gianluca Gaudino è arrivata la grande gioia del debutto nel campionato italiano.

Gianluca, sei nato ad Hanau e tuoi illustri concittadini sono stati i fratelli Grimm. Quale delle loro favole conoscevi o ti piacevano da bambino? Senza nulla togliere alla loro fama e alla bellezza dei loro racconti, quando ero piccolo mi divertivo di più a leggere e a vedere le avventure di Asterix e Obelix.

Calcisticamente parlando anche la tua è una bella favola, appena iniziata e ancora tutta da scrivere. Come vorresti che fosse la sua trama? Da bambino e poi anche da ragazzo immaginavo la mia storia di calciatore proprio come si è sviluppata, ovvero, cominciare a giocare in un club facendo tutta la trafila nel suo settore giovanile sperando, come è successo a me, di avere l’opportunità di esordire non ancora diciottenne con la prima squadra. A quel punto ho però capito, trasferendomi dal Bayern Monaco al San Gallo e poi al Chievo, che la mia crescita professionale sarebbe stata diversa da quel desiderio di correre solo dietro a un pallone. Non so come si svilupperà la mia carriera come non conosco quanto tempo servirà per soddisfare questa curiosità. Ciò che è certo è che nel frattempo dovrò continuare a lavorare intensamente per migliorarmi.

Quanto sono stati importanti nel tuo processo di maturazione come persona e come giocatore i dieci anni trascorsi in un prestigioso club come il Bayern Monaco? Sono stati anni fondamentali. Ho imparato tanto dagli insegnamenti ricevuti dai tecnici che ho avuto nelle selezioni giovanili fino poi avere la fortuna di essere allenato da Guardiola nella massima categoria.

Pep Guardiola al quale, da grande esperto di calcio quale è, non è sfuggito il tuo precoce talento, ti ha definito come “ il centrocampista del futuro”. Cosa ha rappresentato per te vivere e giocare sotto il costante sguardo del tecnico spagnolo? Le valutazioni espresse da uno dei più bravi allenatori in circolazione mi hanno fatto piacere e sono uno stimolo per fare sempre meglio. Grazie a lui, ho debuttato in Supercoppa e in Champions League oltre a disputare qualche partita in Bundesliga vincendo uno scudetto ma soprattutto ho affinato le mie conoscenze tecnico-tattiche. È un maestro che ama il bel gioco tanto più se proposto da giocatori forti tecnicamente, mentalmente ma anche con una personalità tale da imporre agli avversari le sue idee. Il gran numero di trofei vinti con le squadre che ha allenato ne sono la prova.

Personalità che non ti manca, visto che hai chiesto la maglia numero dieci, quella spesso sulle spalle dei giocatori dotati di maggior estro. Ho sempre prediletto il dieci, è il mio numero preferito e quando ho saputo che era libero ho avanzato la proposta di indossarlo. Sono consapevole che questa scelta può creare delle aspettative nei miei confronti, ma il mio obiettivo è dimostrare di meritarlo.

Dopo l’esperienza in Germania, hai giocato in Svizzera nel San Gallo e oggi sei in forza al Chievo che ha acquisito il tuo cartellino a titolo definitivo. Cosa ti ha spinto a scegliere il club gialloblù? Il campionato italiano era fra quelli in cui sin da giovanissimo auspicavo di giocare. Quando, grazie al Chievo, si è prospettata questa opportunità non avuto dubbi e ho accolto con entusiasmo l’offerta della Società, una vetrina e una tappa importante nell’evolversi della mia carriera.

Quali sono state le tue prime impressioni, dell’ambiente, del gruppo e dello staff tecnico clivensi? Ho avuto subito delle sensazioni positive. È stato come entrare in una grande famiglia. Specialmente dal punto di vista della lingua. Non conoscendo l’italiano, all’inizio non è stato facile ma ho molto apprezzato la disponibilità da parte di tutti di mettermi a mio agio.

Dopo il debutto per pochi minuti in Serie A contro la Spal e quello da titolare in Coppa Italia nel derby ora cosa ti aspetti? Ringrazio il mister per avermi dato queste chance. Per riuscire a ritagliarmi ulteriore spazio molto dipenderà dalla capacità e dalla volontà che avrò nel continuare a impegnarmi al massimo. Solo così facendo, sono sicuro che arriveranno altre occasioni per scendere in campo.

Definisciti come calciatore e quale ruolo ritieni più adatto alle tue caratteristiche? Mi è sempre piaciuto giocare palla al piede a centrocampo come regista impostando la manovra della squadra e lanciando i compagni.

Capitolo Nazionale: hai già giocato nella selezione Under 19 della Germania, ma hai parenti italiani: hai mai valutato l’idea, se capiterà, di scegliere tra quella tedesca e quella del nostro Paese? Per ora ho il passaporto tedesco ma sarebbe un sogno giocare con l’Italia perché ho sempre tifato per gli azzurri. Ho seguito il Mondiale 2006 disputato in Germania indossando la maglia di Totti. Per prima cosa però devo imparare la lingua.

Te l’immaginavi il Mondiale in Russia senza Buffon e compagni? No, è un’assenza rilevante per la competizione stessa oltre che un rammarico per me e per tutti i tifosi.

Quali differenze hai notato tra il cacio italiano e quello tedesco? Il primo è molto più tattico sul piano della fase difensiva dando l’apparenza di essere più lento perché più controllato, mentre nel secondo c’è più velocità nel movimento delle squadre e nella circolazione della palla.

E nel cibo? Qui non c’è partita. Conosco bene e mi piace la cucina italiana, specialmente la pasta, grazie anche a mia nonna.

Passatempi preferiti? Sono appassionato di cinema ma per ora sono limitato dalla ancora scarsa comprensione della lingua.

Giocatore preferito? Escluso Maradona il più grande in assoluto, mi piaceva Ronaldinho, un autentico fuoriclasse.

Tuo padre Maurizio, ex bomber dello Stoccarda, quali consigli ti ha dato o continua a darti? Con lui c’è sempre stato un grande dialogo in larga parte imperniato sul calcio. Insieme a mia madre ha condiviso il compito di incoraggiarmi specialmente nei momenti in cui mi sentivo sfiduciato e per questo li ringrazio.

Giampietro Panareo (Mondo Chievo #8)

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