Hete non molla mai

ALLA SESTA STAGIONE IN GIALLOBLU, PERPARIM HETEMAJ È INDISCUTIBILMENTE UNO DEI SIMBOLI DEL CHIEVO. GRANDE ENERGIA MA ANCHE TANTA SOSTANZA RAPPRESENTANO LE QUALITÀ PIÙ EVIDENTI UN GIOCATORE CHE ANNO DOPO ANNO È DIVENTATO UN PUNTO FERMO DELLA SQUADRA. Con la fascia da capitano al braccio è stato uno dei protagonisti del pareggio ottenuto domenica scorsa ad Empoli,

Siamo in pratica ad un quarto di stagione: il Chievo è settimo a quattordici punti, due in più rispetto a dodici mesi fa. Tutto secondo le aspettative oppure si è andati oltre?

Mi pare indubbio che la stagione sia iniziata bene. Sono arrivate prestazioni di buon livello che ci hanno permesso di ottenere risultati soddisfacenti. L’obiettivo è dare continuità al nostro rendimento per consentirci di raggiungere la salvezza prima possibile.

E dire che sulla carta il calendario prima dell’avvio del torneo sembrava piuttosto difficile. Invece sono arrivate tante soddisfazioni e pochi passi falsi.

Anche nelle sconfitte abbiamo dimostrato di saper giocare al calcio, come è avvenuto ad esempio con il Milan. A mio parere soltanto nel primo tempo contro la Fiorentina non abbiamo giocato some avremmo potuto. In quella circostanza abbiamo peccato nell’approccio, tanto che nel secondo tempo avevamo poi reagito bene, dimostrando di valere gli avversari e meritare il pareggio. Fino ad ora la squadra ha dimostrato di avere qualità.

Quest’anno siete ripartiti con lo stesso assetto della squadra protagonista delle ultime stagioni. Vale il detto “squadra che vince non si cambia”?

Credo che la squadra abbia fatto un ulteriore passo avanti rispetto alla scorsa stagione. Anche se credo sia evidente, la nostra forza è come sempre nel gruppo. Abbiamo un’identità ben definita e chiunque scenda il campo con questa maglia non ne modifica la sostanza.

Sei al top della tua carriera: il prossimo 12 dicembre hai un compleanno importante da festeggiare…

In effetti compio trent’anni tra meno di due mesi. Eh sì, non sono più così giovane… Progetti? Sono sincero: spero solo di stare sempre bene e che la mia carriera continui così. Non ho in mente festeggiamenti particolari: è chiaro non mi dispiacerebbe potesse coincidere con un’importante vittoria. E magari segnare un gol. L’importante è che serva alla squadra per far punti.

Ad oggi con il Chievo di gol ne hai realizzato uno solo che è entrato a suo modo nella storia del club. Che sensazione è stata segnare a Buffon l’anno scorso una rete così pesante quanto importante.

A dirla tutta, lì per lì, più che felice ero sorpreso: non credevo fosse possibile aver davvero segnato [ride]. Comunque si, mettere la palla in rete contro la Juventus a Torino quella sera è stata una grande emozione. E poi in effetti il gol è stato bello per come è stato realizzato.

È stata quella rete la gioia più grande di quelle che hai vissuto in seri stagioni con il Chievo?

Per quanto sia stato un bel momento, rispondo no. Come calciatore credo che i risultati che si raggiungono con la propria squadra vengano molto prima delle soddisfazioni personali. Dunque per me il momento più bello vissuto fino ad oggi con questa maglia si è ripetuto ogni volta che abbiamo raggiunto la salvezza.

Hai sempre detto di avere il cuore diviso a metà riferendoti al senso di appartenenza: sei nato in Kosovo e cresciuto in Finlandia, Paese che ha “adottato” la tua famiglia. Il destino a settembre ha messo di fronte  proprio le due nazioni in occasione di una partita di qualificazione mondiale e hai chiesto di non scendere in campo. Che momento è stato?

Ho cercato di ragionare da professionista. Mi sono reso conto che avessi giocato quella partita probabilmente non avrei dato il massimo. Dunque ho chiesto di non essere convocato. In campo si scende sempre per dare tutto, quindi era meglio che giocasse un altro al mio posto. Con la nascita della squadra nazionale del Kosovo ai calciatori che sono nati o hanno origini kosovare è stata data la possibilità di poter cambiare la cittadinanza sportiva.

Una scelta non facile…

In tanti si sono trovati nella mia stessa condizione. Mustafi dell’Arsenal, Mehmedi del Bayer Leverkusen, Xakha, Behrami e Shaqiri che giocano nella nazionale svizzera. Posso solo dire che per me si è trattato della scelta più difficile della mia vita calcistica e credo per ognuno di loro. Personalmente mi sento diviso a metà. Ho deciso di rimanere con la nazionale finlandese perché con questa maglia ho disputato tutta la mia carriera. Ho pensato fosse giusto proseguire così, anche perché nella nuova nazionale del Kosovo stanno puntando sulla crescita di giovani talenti. Ciò non significa che io non mi senta kosovaro, anzi.

Chi sono i kosovari più famosi, oltre a Rita Ora e i calciatori?

Un’altra cantante celebre in tutto il mondo è Bebe Rexha. A livello sportivo l’idolo nazionale è Majlinda Kelmendi. Nello judo a Rio 2016 è stata la prima atleta ad aver vinto una medaglia olimpica nella storia del Paese. Medaglia d’oro, oltretutto. Un risultato straordinario. Poi c’è Ilir Latifi, un lottatore che eccelle nella UFC, la più importante lega nel campo delle arti marziali.

Anche Hetemaj in campo dimostra qualità da lottatore. È una delle tue caratteristiche più apprezzate dai tifosi.

In effetti lottare fino alla fine è un po’ nel nostro dna. Sono felice che i tifosi lo apprezzino: loro mi sostengono sempre con affetto.

Finora hai saltato solo una partita in questa stagione. Che effetto ti fa assistere alla partita dalla tribuna?

Non è mai facile star fuori, ovvio. Tendo a solarmi. Non parlo con nessuno, mi concentro sul gioco, sui movimenti. Insomma vivo la partita con la stessa intensità di quando gioco, anche se i miei vicini di posto non devono temere nulla: sono decisamente più tranquillo [Ride].

Dove vuole arrivare Hetemaj?

Giocare al calcio era il mio sogno di quando ero bambino e sono felice di averlo coronato. Gioco in un campionato importante, in club ben organizzato in cui ho ottimi compagni  con cui ho una grande intesa, sia in campo che fuori. Giochiamo un buon calcio e ci divertiamo. Non oso davvero chiedere di più dal punto di vista professionale.

La posizione di classifica attuale stimola la fantasia: dove può arrivare il Chievo?

Noi  puntiamo ad arrivare più in alto possibile, consapevoli che il primo obiettivo è mettere al sicuro la nostra posizione in serie A. In settimana in allenamento e ogni volta che disputiamo una partita da parte nostra c’è la volontà di dare tutto di noi stessi.

Paolo Sacchi

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Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.