Il buon Cristiano

In un momento di depressione del football italiano, parafrasando la vecchia pubblicità di una nota birra, nel Belpaese arriva il “probabilmente migliore” calciatore al mondo. Una splendida notizia, vero? Innanzitutto per chi lo ha ingaggiato. Alla Juventus va un dieci e lode in comunicazione: eccellente il tempismo dell’accordo tra le dirigenza bianconera e merengues col fenomeno portoghese. Nell’incantevole cornice di Costa Navarino si è definita la trattativa perfetta, ovvero quella in cui tutti pensano di aver fatto un affare. Il Real Madrid ha ceduto un giocatore che stava diventando scomodo, Cristiano Ronaldo si porta a casa un contratto sontuoso in un club di prima fascia europea con il valore aggiunto della normativa fiscale italiana, a Torino si esulta per lo straordinario rinforzo in ottica Champions’ League ma anche e soprattutto in termini di percepito. Perché al netto di qualsiasi valutazione demagogica, si tratta innanzitutto di un grande colpo dal punto di vista dell’immagine.
Vista da lontano, la questione è semmai capire se l’investimento è congruo per le casse del club ed eventualmente, per proprietà transitiva, quanto può essere utile alla serie A. D’acchito, con la nazionale assente ai mondiali, in mezzo al guado tra difficoltà di ogni genere e, come se non bastasse, l’esclusione dalle coppe europee di uno dei club italiani più blasonati al mondo, sarebbe impossibile non rallegrarsi per l’arrivo di un giocatore di tale calibro, oltretutto nel picco della propria carriera. Il beneficio dell’operazione, semmai da ascrivere tutto a chi lo ha acquistato, al momento è riassumibile nella crescita delle potenzialità della Juventus di accedere ai turni finali della massima competizione europea per club, in cui può e deve massimizzare i profitti economici. Volendo fare gli avvocati del diavolo, con il bilancio da due esercizi in perdita secca, senza la possibilità di crescere in termini di contratti tv ma anche di presenze allo stadio, con un impianto da 39mila posti di cui solitamente per tre quarti sono riservati agli abituali abbonati, in un Paese dove i ricavi del merchandising affrontano la sfida quotidiana col tarocco doc, la sfida del club di Andrea Agnelli è coprire e semmai valorizzare nel quadriennio i probabilissimi – per difetto – 400 milioni di costi complessivi lordi per il giocatore tra emolumenti e premi attraverso potenziali investitori e sponsor in grado affiancarsi a quelli personali del giocatore.
Per la serie A il potenziale vantaggio è ancor più nebuloso: al di là degli incassi a favore di chi ospiterà la Juve, per il resto è difficile scorgere elementi particolarmente eccitanti per il prodotto “serie A”, oltre alla soddisfazione di seguirne da vicino le gesta. Il divario tra la formazione campione d’Italia e le altre appare destinato ad allargarsi con il rischio di indebolire ulteriormente l’interesse per il torneo; i diritti tv sono appena stati definiti per il prossimo triennio e, dunque, comunque sia, Ronaldo non produrrà alcuna variazione in positivo sui guadagni dei venti club che della Lega fanno parte, sempre che non si decida di far giocare tutte le partite della Juve alle 12.30 per intercettare la sterminata quanto presunta platea orientale. Brutte notizie invece per i sostenitori delle medio-piccole squadre della massima serie: evidente il rischio che i media nazionali schiaccino ulteriormente gli spazi dedicati a loro e ad altri tornei a vantaggio del personaggio del momento, con un impatto a livello di percepito del grande pubblico rispetto al prodotto complessivo facilmente immaginabile.
Per quanto sia fisiologico l’entusiasmo e l’aspettativa nel vederlo in campo in Italia, occorre ricordare che c’è stato un tempo in cui Zico giocava a Udine, Dirceu ad Avellino, Francis a Genova, Batistuta a Firenze, Thuram a Parma, Platt a Bari e Stojkovic a Verona e via discorrendo. Ovvero, senza pretendere o arrivare agli eccessi degli anni ottanta e novanta, se non si riuscirà a contenere il divario tra la prima e le altre della classe, a rendere meno squilibrata la competizione, il rischio è che Cr7 per la serie A finisca per trasformarsi in una sorta di Pelè ai Cosmos nell’epoca della Nasl americana. Bellissimo da vedersi ma, in fondo, effimero.
Paolo Sacchi

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.