Il futuro è un’ipotesi

Quindici giorni fa eravamo al Bentegodi a raccontare la partita tra Chievo Cosenza. Una serata che già ricordiamo con malinconia. Fu l’ultima volta in cui in Italia si è giocato a calcio prima del blocco totale causato dall’emergenza coronavirus. Dal gol di Riccardo Meggiorini che chiudeva quel lunedì, nel mondo dello sport è calato il sipario. Quando si potrà riaprirlo e tornare a frequentare stadi, palazzetti e centri agonistici ad oggi è impossibile saperlo.

Anche il Cio, con i Giochi Olimpici, ha dovuto alzare bandiera bianca. Resta il ciclismo: il Tour de France è l’ultima ridotta che resiste e anzi vorrebbe provare a scollinare oltre il Covid-19: la partenza della Grande Boucle prevista per il 27 giugno per ora resta confermata. Ed è chiaro il perché, al di là dell’aspetto simbolico. In maniera analoga alle competizioni calcistiche europee e all’Olimpiade di Tokyo, non si tratta solo di questioni sportive. L’effetto domino generato dalla cancellazioni di eventi di grande impatto – è sufficiente pensare al Vinitaly veronese – provoca ricadute su investimenti e ricavi e, in soldoni, sull’economia. È una battaglia ormai campale che si riflette su una serie di settori dell’indotto (ricettività, turismo, ristorazione, trasporti, produzioni e service) ora in ginocchio e la cui ripresa appare problematica nei tempi e nelle modalità. Per quanto lo sport professionistico in prospettiva potrebbe non essere tra i settori più penalizzati nel medio periodo, è comprensibile l’assenza di frenesia con cui si stia procedendo a cancellare gli eventi o a rinviarli.

La serie A non può non tentare di salvare la stagione in corso. Non proseguire l’attuale campionato potrebbe essere un salasso, con mancati introiti stimati in oltre 700 milioni di Euro. La verità però è che il futuro è un’ipotesi. La speranza che la pandemia venga circoscritta e annientata va a braccetto con l’unico fatto certo: oggi nessuno è in grado di definire una data della ripresa dell’attività con la garanzia dell’assoluta salvaguardia della salute di atleti, addetti ai lavori e pure tifosi, annesso e connesso il disinnesco di possibili effetti collaterali. Figc, consorelle e Uefa non demordono ma le mille ipotesi e fiduciose programmazioni, per quanto legittime e necessarie, per ora appaiono iniziative finalizzate a tenere sul pezzo appassionati, sponsor, fornitori e partner. La realtà dice purtroppo che anche la ricollocazione sul calendario delle finali di Champions’ e Europa League è saltata.

Sampdoria ed Hellas nell’ultimo turno disputato in serie A

Nel mondo dell’italico pallone qualcuno ha provato a forzare la mano, per poi alzarle entrambe all’evidenza. Dopo averli annunciati, Lazio e Napoli hanno rinviato la ripresa degli allenamenti. Al momento ci si arrangia da casa. I giocatori, inclusi quelli dei tre sodalizi pro veronesi, HellasChievo e Virtus, seguono programmi settimanali di allenamento tra le quattro mura domestiche. Per mantenere al meglio la condizione, lavorano sia sul piano aerobico che in sede di potenziamento muscolare. «È comunque difficile, per quanto si stia cercando di impegnarsi al meglio» ha raccontato Nicolas Frey alla WebTv del club. Le sedute con il tapis roulant e la bici da spinning non garantiscono gli stessi effetti di quelle conviviali sul campo di gioco. Insomma, in attesa della posizione della Aic di Damiano Tommasi, più si allungheranno i tempi di stop, più appare necessaria una fase intermedia a tamponare il tempo perduto.

Il pallone per adesso resta nel ripostiglio. Rivederlo sul prato verde, a qualsiasi livello, sarà un sollievo anche sul piano sociale: significherebbe che la vita quotidiana sta tornando ad una normalità. Non è ancora tempo per avere sensazioni positive. Pare impossibile avvenga il 3 aprile, improbabile nel primo fine settimana di maggio come idealmente auspicato dai dirigenti federali. Nessuno vuole farsi male. Se mai si decidesse di velocizzare i tempi, in una ipotetica primissima fase potrebbe finire in agenda un contingentamento dell’afflusso agli stadi. Il calcio senza spettatori non piace a nessuno, snatura la quintessenza del gioco, ma qui siamo di fronte ad una situazione senza precedenti ed estremamente delicata. Il caso di AtalantaValencia, con quarantamila bergamaschi in viaggio verso San Siro condividendo mezzi di trasporto e lunghi momenti di convivialità prima, durante e dopo la partita, sono elementi che hanno spinto alcuni immunologi ad ipotizzare che il boom di contagi nell’area bergamasca sia stato in buona misura generato dai contatti di quella serata. Insomma, mentre resta ancora lontano il fischio d’inizio delle partite, prima di riaprire le porte degli stadi ci si dovrà pensare molto bene. Per quanto non si veda l’ora che avvenga.

(foto AC ChievoVerona/ Maurilio Boldrini)

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.