Juventus – Chievo in cinque punti

1 . Parola d’ordine: personalità

Per la terza volta consecutiva, Rolando Maran si è avvalso dell’undici, per così dire, di maggior fiducia. Scelta logica e condivisibile. In serie A la capacità di produrre risultati positivi è parametrata, soprattutto nella prima parte di stagione, a quella dello saper stare in campo. Tradotto: partire con un’organizzazione di gioco collaudata ed efficace è un vantaggio. Allo Juventus Stadium il Chievo è stato in grado di affrontare i bianconeri a testa alta. I gialloblù hanno risposto colpo su colpo come di rado capita alle formazioni ospiti da quelle parti. Una prova di grande personalità, in cui carattere e doti tecniche sono state supportate dalle ottime condizioni psicofisiche di chi è sceso sul terreno di gioco. Se escludiamo il calo dell’ultimissima porzione di gara – sul tre a zero sotto qualche mese fa era capitato anche al Barcellona mollare il colpo, per inciso – dovuto alla rabbia di essere inopinatamente sotto di tre gol più che alla carenza di energie, il bilancio della prestazione dal punto di vista qualitativo non può essere negativo, al di là del risultato. Che brucia e non è piacevole, sia chiaro, ma non modifica le prospettive.

2 . Lotta dura (senza paura)

Nel giorno del debutto con la Vecchia Signora, Szczęsny si regalato di una parata degna del miglior Buffon su una bomba di Radovanovic. Peccato per il metronomo serbo che avrebbe meritato di trovare la rete a coronamento di una fase di gara in cui il Chievo stava giocando meglio della Juve. Bravo comunque, Ivan: lui e i compagni sulla mediana hanno retto bene nella prima frazione l’urto di avversari dal pedigree ben noto. Ad un certo punto Matuidi e soci sembravano imbrigliati nella tela a copertura degli ultimi venticinque metri davanti a Sorrentino. Radovanovic, soprattutto in compagnia di Birsa, da centrocampista di lotta si è spesso trasformato in punto di partenza di accelerazioni in verticale. Forse meno appariscenti del solito Castro e Hetemaj: certo che quella sfortunata deviazione nella porta in cui due anni fa aveva fatto sognare il Chievo può aver influenzato la lucidità della prestazione del gladiatore gialloblù per eccellenza. Buona invece la spinta degli esterni (Cacciatore e Gobbi) con un Dainelli sempre a testa altissima anche in fase d’impostazione.

3 . Attacco spuntato ma bandiera comunque in alto

Che sarebbe stata una gara complicata per gli attaccanti gialloblù era noto ancor prima d’iniziare la stagione. Dunque nessuna sorpresa del fatto che Inglese e Pucciarelli abbiano avuto difficoltà nel ritagliarsi spazi in fase offensiva, per quanto l’ex empolese nella ripresa sia andato vicino al gol che avrebbe potuto riaprire la partita. Tra gli appunti a margine: l’intesa tra loro sembra comunque funzionare, per quanto possano essere perfezionati alcuni tagli e movimenti in fase di ripartenza. Inciso finale per capitan Pellissier: quel suo colpo di testa sotto porta avrebbe meritato miglior sorte. Per lui, che avrebbe meritato la marcatura per il gesto tecnico e per la carica agonistica messa in campo, e per il Chievo: uscire dallo Stadium senza gol all’attivo sa di beffa. Sarebbe stata la rete della bandiera (in tutti i sensi…) e avrebbe reso più coerente il punteggio rispetto a quanto visto in campo.

4 . Il Jolly di Allegri

Nell’anno di grazia 2017 non sono molti esseri umani sul pianeta Terra a fare la differenza su un campo di calcio come Paulo Dybala. Col suo ingresso la partita ha cambiato storia: da apertissima è diventata un one-man-show del quasi 24enne argentino. Si è fatto rincorrere per tutto il campo da una difesa gialloblù fino a quel momento praticamente perfetta nonostante di fronte ci fosse gente del calibro di Higuaìn. Tanto da costringere Gamberini e compagni ad alzare le mani due volte di fronte a un paio colpi di genio del giocatore che hanno chiuso la contesa. Riassumendo: Dybala è un fenomeno, probabilmente il miglior giocatore del campionato italiano.

5. Il monte degli ingaggi

La posizione geografica dello Stadium juventino è, per certi versi, suggestiva. Sullo sfondo, guardando verso nord-ovest, si possono osservare le Alpi. Bellissime e altissime. L’immagine delle montagne ci richiama sempre una metafora quando puntiamo gli occhi verso l’interno dell’impianto. Sul prato verde compare un monte invisibile ma non troppo: quello degli ingaggi e dei diritti tv. Che pone la Juve in vetta alla classifica del calcio italiano, con una forbice d’investimento di dieci volte circa superiore rispetto ai club della taglia del Chievo, con in più una ripartizione dei diritti televisivi che amplifica le capacità d’investimento delle grandi rispetto alle piccole. E non è finita: occorre pure aggiungere gli introiti derivati dalla partecipazione alle coppe europee. A proposito: solo coi premi, il club della famiglia Agnelli in cinque stagioni di Champions League ha portato a casa 383 milioni di Euro. Nessun altro sodalizio continentale ha incassato tanto. Complimenti alla Juve, ovviamente. Ma pure al Chievo, capace da dieci anni consecutivi di tener testa a giganti del genere con risorse infinitamente inferiori. Non dimentichiamolo mai.

Paolo Sacchi

JuveChievojpg

(Foto Udali/AC ChievoVerona)

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.