Maturità, aritmetica e Zeman

A testa alta. Il Chievo che è uscito dal campo al termine dell’ultimo match lo ha fatto tra gli applausi. Contro formazioni della caratura del Napoli, il coefficiente di difficoltà sale vertiginosamente. Talvolta, come è accaduto domenica scorsa al Bentegodi, non basta la qualità della prestazione o riuscire ad incanalare la gara nella modalità desiderata. E dire che per mezzora Hamšík e compagni erano stati anestetizzati. Anzi: la prima vera occasione da gol della partita era capitata proprio al Chievo. Poi Lorenzo Insigne ha calato l’asso ed è cambiato il percorso di una partita a scacchi in cui Gamberini e soci stavano complicando le mosse degli uomini di Sarri. Sia chiaro, gli ospiti hanno vinto con merito. Tuttavia la consolazione – che fa rima con soddisfazione – è stato vedere ancora una volta i Gialloblù di Maran dimostrare di essere una compagine matura e di valore. Un team che non molla fino al fischio finale perché – in questo caso – non accetta di uscire dal campo con un passivo irrispettoso della qualità della prestazione.

Zdenek Zeman è un’icona. Come lo è stato Roberto Baggio nei panni di calciatore, nessun altro allenatore nel calcio italiano dell’epoca moderna ha unito – ma anche diviso – come lui in maniera trasversale. Gli amanti di un certo tipo di calcio offensivo lo adorano, così come chi ne apprezza spirito libero da condizionamenti. Bersaglio fisso degli juventini per note ragioni, senza le sovrastrutture del tifo è considerato un autentico uomo di sport, in grado di far sognare già con il semplice lavoro sul campo. La sua carriera si commenta da sola: “zero titoli” obbietterà qualcuno per cui il valore delle prestazioni si pesa in trofei vinti anziché nella capacità di far esprimere al massimo il materiale umano a disposizione senza rinunciare alla propria filosofia. Questa è la sua grande qualità, che ha trovato terreno più fertile per crescere in ambienti in cui ha potuto lavorare senza grandi vincoli e la possibilità di plasmare giocatori ricettivi, come avvenuto nella sua penultima tappa – a Lugano – della sua lunghissima carriera. Con un materiale umano composto per lo più da giovanissimi, quasi tutti debuttanti tra i pro di qualità non certo eccelsa, in Svizzera il boemo è riuscito nell’impresa straordinaria di portare alla salvezza una compagine data per spacciata. Senza mai rinunciare a proporre il suo calcio: 4-3-3 con difesa in linea, sovrapposizioni fin dal reparto arretrato e movimenti rapidi senza palla, nella miglior tradizione di Zemanlandia. A Lugano ha saputo trasformare un Primavera del Milan – Piccinocchi – in un mini-Verratti nei panni del regista in fase d’impostazione. La linea offensiva è stata anche in questo caso, la vedette dello show: Rambaudi-Baiano-Signori e Insigne Sansovini-Immobile sono le sue creature meglio riuscite ma tutto sommato Alioski-Donis-Bottani a Lugano sono sembrati andare oltre ogni più rosea aspettativa. A Pescara – in attesa di recuperare Bahebeck e Gilardino – sarà ancora Cerri punta centrale con Benali e il rinato Caprari ai lati. Una modalità di gioco che se sviluppata al meglio provoca capogiri a chi deve svolgere il compoto di controllore della propria area di rigore, trovandosi di fronte due esterni liberi di svariare e tagliare continuamente sul fronte. Se il buongiorno si vede dal mattino – leggasi la goleada sul Genoa, la prima vera vittoria della stagione – chissà che con l’additivo Zeman la squadra oggi ultima in classifica non svolti davvero.

L’aritmetica non è un’opinione, come sanno bene pure dalle parti dello Stadio Adriatico. Il cinque a zero sui rossoblù è stato un segnale positivo ma la strada è ancora lunga. Nel bene e nel male: se il traguardo della salvezza per il Pescara appare oggettivamente impegnativo, i punti a ancora disposizione lasciano aperte ipotesi di ogni tipo, comprese quelle inverosimili. La serie A ce lo ha insegnato: mai dare nulla per scontato. Così vale per il Chievo: eccellente fino a questo punto del torneo, giocherà per conquistare un successo pieno. Un po’ per chiudere definitivamente il conto con la zona rossa, ma anche perché, se il mondo visto dall’undicesimo posto è splendido, è comunque stuzzicante provare ad abbellirlo ulteriormente.

Paolo Sacchi

(la versione ridotta è pubbicata su Mondo Chievo No. 14 ChievoPescara)

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.