Poirot al Gavagnin

Agatha Christie sosteneva che «Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». La drammaturga britannica non sapeva nulla di calcio ma l’arguzia del suo amato ispettore Poirot sarebbe servita eccome al Gavagnin per risolvere la trama di una prosaica partita di calcio. Da Borgo Venezia il Nilo è lontano, ma non importa: un giallo è sempre un giallo. Ancor più, se coincide con il colore della divisa, invero fosforescente, delle giacchette nere. Fin dalle prime pagine, Virtus Verona-Sambenedettese si è trasformata in una vera e propria collezione di (cartellini) gialli, in cui l’utilizzo ha dipanato una trama secondo la regola tanto cara alla scrittrice. Dopo novanta giri di lancette, gli indizi raccolti sono tanti. Anzi troppi, almeno per la Virtus. Tanto che non servirebbe neppure Poirot per individuare il colpevole.

IL COLPO DI GRANDOLFO

Ameno fino a quando è rimasta undici contro undici, la partita non era dispiaciuta. Una sorta di equilibrato braccio di ferro tra due squadre organizzate che si stavano affrontando a viso aperto. Alla Virtus, con l’ormai classico 3-4-1-2 e Rossi a tutto campo, il merito di aver sfruttato una delle poche vere chance nelle rispettive aree. Al termine di una fase di predominio ospite, verso la chiusura di tempo era arrivato il  vantaggio innescato da un’idea di Sirignano. Palla spiovente da sinistra, difensore a vuoto e giocata di classe di Grandolfo con controllo e colpo all’incrocio dei pali. Tanto perfetto da rendere vano il colpo di reni dell’estremo difensore della Samb.

LA SVOLTA

Un minuto dopo la rete dell’uno a zero, a compendio di una bella iniziativa, Danzi si è divorato il gol del raddoppio che avrebbe permesso una decisa svolta al match. Che invece è arrivata a inizio ripresa. Con dinamiche che ne hanno condizionato lo sviluppo sul piano mentale rispetto a quanto avvenuto in campo tra gli uomini di Fresco e quelli di Roselli. Il signor Pasciutta, il direttore di gara, ci ha messo del proprio, o così è parso anche a chi fino a quel momento lo aveva notato solo per il colore dell’uniforme. Come quando ha deciso di estrarre un secondo giallo a Grbac per una “simulazione” in piena area di rigore.

Chiuso da tre giocatori, quando il trequartista di Pola finisce a terra pare colpito in scivolata da un avversario. Non è così per chi è chiamato a giudicare, che a sorpresa estrae senza esitare il cartellino giallo. Il secondo personale collezionato dal giocatore croato che, disorientato, abbandona il campo, lasciando la Virtus senza l’elemento di maggior tecnica con quaranta minuti ancora da giocare. Rigore o non rigore, la valutazione del doppio giallo, che per la formazione di casa equivalgono ad una mazzata, avrebbe dovuto ispirare maggior attenzione da chi è chiamato a decidere.

Cioè, la logica, oppure banalmente il buon senso. Già il primo giallo era apparso fuorviante. Anzi, nella fattispecie avrebbe potuto creare guai ulteriori, penalizzando un intervento in fase di copertura del numero dieci rossoblù in cui lo stesso giocatore era sembrato piuttosto essere la vittima. Una chiamata davvero dubbia che, oltre a penalizzare il giocatore, aveva permesso agli ospiti di beneficiare di un calcio piazzato da posizione invitante al limite dell’area della Virtus.

GIORNATA AMARA

Col passare dei minuti, gli episodi macro avrebbero sovrastato altri meno evidenti. Come una “cintura”ignorata tra le proteste in area Samb per finire appunto col primo ridondante giallo a Grbac. Poi la ripresa, avviata dal giallo-rosso descritto, seguito a ruota dall’espulsione di Gigi Fresco per presunte proteste e chiusa con un’incredibile svista, quando il punteggio era ancora sul pari.

È l’ultimo indizio e vale la pena metterlo agli atti. Al novantesimo, in azione di contropiede e senza palla, Manarin viene platealmente strattonato. Impossibile non vederlo, davanti agli occhi dell’assistente di linea. Tra la perplessità generale, il direttore di gara invece lasciava correre. Oltre il danno, la beffa per la Virtus era dietro l’angolo. In pieno recupero, dalla palla recuperata dalla difesa ospite nasceva l’azione del gol – bis di Rapisardi – che decideva la contesa. Inutile il serrate finale casalingo, oltretutto in nove, per un altro inflessibile doppio cartellino. Ad anticipare la doccia stavolta era Casarotto.

RABBIA VIRTUS

Il gelido pomeriggio si chiudeva dai padroni di casa con una sensazione di sconforto misto ad amarezza. Un boccone troppo amaro per chi si approccia ad un campionato pro e l’entusiasmo del volersi confrontare con questo mondo. Che talvolta, come in questo caso, può essere ingiusto se non crudele. Dopo il triplice fischio, N’ze non le ha mandate a dire all’arbitro, tanto da ritrovarsi anche lui con un doppio cartellino (giallo-rosso) sulle spalle. Facile perdere le staffe dopo un pomeriggio così. Nella conferenza stampa del dopogara, il direttore generale vistussino Diego Campedelli con fermezza ha espresso parole dure sulla gestione e l’andamento della gara. Per quanto piccola nel mondo dei grandi, la Virtus ha espresso il proprio malessere. Con una rivelazione: al termine del primo tempo, un dirigente della Samb si sarebbe recato negli spogliatoi degli arbitri. Il giallo, per una volta, non finisce qui.

Paolo Sacchi

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.