La partita di Gennaro

Nativo di Pozzuoli, Gennaro Sardo ha legato gran parte della sua avventura umana e sportiva al club della Diga. Dopo nove stagioni in campo, l’ex difensore è entrato nello staff dirigenziale coadiuvando Marco Pacione col ruolo di Vice Team Manager.

I ricordi del campo, di tante battaglie e di gol indimenticabili rendono ancora più forte il legame di uno dei personaggi più stimati del panorama gialloblù, arrivato a Verona nel gennaio 2009 e tuttora tra i principali punti di riferimento nel mondo della prima squadra del Chievo.

L’intervista

Gennaro, giusto dieci anni fa entravi per la prima volta dalla porta della sede di via Galvani per iniziare la tua avventura in gialloblù. Riavvolgi il nastro della memoria: che ricordi hai?

Ricordo bene il mio arrivo. Il Chievo per me è stata l’ideale opportunità per rilanciare la mia carriera. A Catania qualcosa si era rotto e stavo cercando un ambiente in cui ritrovare le giuste motivazioni, sia a livello professionale che personale. Così è avvenuto. Oltretutto sulla panchina di quel Chievo sedeva mister Di Carlo con cui, in quella stagione, riuscimmo a conquistare un’importantissima salvezza. Un grande risultato sportivo maturato grazie ad uno straordinario girone di ritorno. E non fu l’unica impresa importante ottenuta negli anni da calciatore.

Stagione dopo stagione diventato uno dei baluardi della retroguardia del Chievo e una delle personalità dello spogliatoio. Il tuo nome però rimarrà sempre legato ad una prodezza in attacco. Serve ricordare quale?

Assolutamente no, se intendete il gol segnato contro la Juventus. È stata una giornata memorabile sia per me che per il club. Mi fa piacere essere entrato nella storia del Chievo per quella che ad oggi è la prima e unica vittoria contro la Vecchia Signora. Anzi, ne sono orgoglioso. Per il legame che ho con questa maglia, il mio auspicio però è di non rimanere l’unico. Ovvero, mi auguro davvero che in futuro qualcun altro possa replicare questa impresa. Spero che questa squadra presto possa tornare a festeggiare nuove importanti vittorie.

Se invece diciamo Chievo-Napoli cosa ti viene in mente?

Ricordo come fosse ieri le sfide in cui sono sceso in campo. Ancor meglio le occasioni in cui ho segnato. Due gol, entrambi decisivi, impossibile da scordare per uno come me che da bambino andava a Fuorigrotta alla partita e aveva l’abbonamento allo stadio. La prima la ricordo qui al Bentegodi, tanti anni fa. In quel caso finì due a zero per noi e fu una vittoria importante. E poi c’è quel gol segnato là, al San Paolo (clicca per vederlo). Credo sia il più emozionante di tutta la mia modesta carriera. Ho ancora nella mente nitida l’immagine di quella palla che finiva sotto l’incrocio e la mia esultanza verso la panchina.

Un gol del genere con la maglia del Chievo a una delle squadre più importanti del calcio italiano va sempre festeggiato, a prescindere.

Sì, ho esultato, certo. Anche se sono napoletano e cresciuto come tifoso azzurro credo che un professionista debba sempre rispettare la maglia che indossa e, se vogliamo, chi lo paga. E dunque ben venga una corsa a braccia alzate.

Cosa ti è rimasto impresso di quel momento così speciale?

Se rispondo “tutto” non credo di esagerare. La partita finì uno a uno, con il loro gol del pari arrivato a pochi minuti dalla fine. Peccato davvero, sarebbe stato straordinario vincere ma non mi ha certo rovinato quella che per me è stata una serata indimenticabile. Giocavo davanti a tanti, amici, parenti, conoscenti, il che rende già l’idea. Finita la partita non riuscivo a contare i messaggi di complimenti che mi sono arrivati sul telefono. Centinaia. Ogni secondo il cellulare squillava. E poi l’attesa degli amici fuori, all’uscita. Mi sta venendo la pelle d’oca a ripensarci. Ricordo che mi regalarono un cabaret di sfogliatelle. E le mozzarelle. Le ho condivise con tutti sul volo di ritorno verso Verona. Una grande festa. Momenti che porterò sempre nel cuore (clicca per l’intervista in aeroporto).

Dì la verità: Verona è diventata la tua seconda casa.

Pensate che c’è chi dice che più che terrone ormai sono veneto. Scherzi a parte, vivo qui da ormai tanti anni, le mie figlie sono nate a Verona e ci troviamo tutti benissimo. Impossibile non sentirmi veronese anche io. Devo ancora ringraziare il presidente che mi ha dato l’opportunità di arrivare in questa città come calciatore e per avermi dato la possibilità di rimanerci dopo la fine della mia carriera.

È difficile paragonare le due città. Pizzerie a parte, s’intende.

Devo dire che di ottime pizzerie ne ho trovate anche qui a Verona. Per il resto, è vero che sono due città estremamente diverse. Possiedono però entrambe un fascino particolare. Verona è perfetta. Ha una straordinaria qualità della vita e penso sia quasi impossibile trovare dei difetti. Quel che trovo di differente è magari una certa spontaneità. In questo senso i napoletani ce l’hanno nel sangue.

Dopo otto anni di calcio giocato sei finito dall’altra parte, dietro la scrivania. Com’è stato il passaggio?

Non mi sono distaccato dalla prima squadra e dal campo, il che ha reso il tutto davvero poco traumatico. Immagino che sarebbe stato diverso se avessi ricoperto un altro ruolo. È un lavoro che adoro anche perché ho come maestro un team manager del calibro di Marco Pacione. Essere al fianco di un professionista del genere, con oltre venticinque anni d’esperienza sul campo, per me è fondamentale. Marco è una persona eccezionale. Direi di più: una guida. Con lui imparo e cresco ogni giorno. Poi è chiaro che trascorrere la maggior parte del tempo a stretto contatto con i giocatori ha fatto sì che questo cambio di veste sia avvenuto nel modo più naturale possibile.

Progetti per il futuro?

Sono legatissimo a questi colori, a questa società, al Presidente. Spero solo di rimanere in gialloblù per molto tempo. In testa ho solo il Chievo.

La stagione, ahinoi, volge al termine. C’è tanta amarezza.

Sì, lo so. È stato un anno sicuramente molto difficile. Abbiamo vissuto un campionato in cui tanti fattori ed episodi non sono andati per il verso giusto. Per il futuro non vediamo l’ora di poter ripartire con energia. Sento già tanta determinazione e voglia di riscatto. I traguardi raggiunti nel corso della propria storia devono essere un punto di partenza per far sì che il Chievo torni ad essere quella squadra che abbiamo apprezzato in tutti questi anni.

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.