Nel Paese in cui tutto sommato si strizza l’occhio a chi “è bravo a cercare il contatto” in area di rigore, non stupisce che la notizia della squalifica per simulazione ad un calciatore del campionato inglese non sia stata neppure considerata.
Nella fattispecie il punito è Matthew Godden del Coventry City, ripescato retroattivamente dall’analisi del video del rigore che si era procurato contro il Fulham. Ora deve scontare due giornate di squalifica: non cambierà il corso della partita precedente, ma può essere un deterrente per la prossima volta in cui sarà tentato a farlo.In Gran Bretagna i tuffatori non sono mai piaciuti. In Scozia sono già dieci anni che la regola (la “201”) è stata introdotta e applicata, mentre da cinque stagioni lo è in Inghilterra, inserita nel contesto della “rule E3” che non si limita a perseguire chi si tuffa o comunque moltiplica l’effetto di un contatto per ottenere un vantaggio (rigore o espulsione).
Tentare di ingannare l’arbitro è considerata condotta antisportiva così come chi lede l’onorabilità del gioco e quella altrui in varie forme, quindi anche su base comportamentale, dentro e fuori dal campo e inclusi i social network. Viene mal di testa a ripensare a quante potenziali squalifiche ci sarebbero state in Italia pre-Var, ma forse anche post, fosse esistita la regola pure qui. Infatti, non se ne parla neppure.