Alla fine quel che pensavamo un paio d’anni fa si sta confermando tale. Settimana dopo settimana, abbiamo la certezza che il Var non abbia cambiato nulla rispetto alla discrezionalità del giudizio dell’arbitro. Che va benissimo, peraltro, da sostenitori del direttore di gara come “parte del gioco”. Semmai, il Var ha confermato che il direttore di gara, come un giocatore, anche tecnologicamente aiutato può incidere con una valutazione personale sull’andamento delle partite. Perché se il rigore non concesso all’Empoli contro l’Inter la settimana scorsa conferma che la tecnologia serve a poco se non la si utilizza, nell’incertezza dell’esprimere opinioni “certe” in altri casi eccetto fuorigioco e gol-non-gol, si conferma che non sia cambiato nulla. Di certo non è cambiata la dinamica dei commenti pre-Var con cui i grandi club tramite i loro giornali di riferimento si rinfacciano le scelte dei giudici di gara, in campo o in cabina di regia. Insomma, come si diceva un tempo, è cambiato tutto per non cambiare nulla.
In settimana si è parlato di plusvalenze e della possibilità che si indaghi su alcune, davvero curiose, mettiamola così, generate da alcune società di prima fascia. Istruzioni per l’uso agli amici tifosi del #Chievo: finirà tutto a tarallucci e vino.
Dopo il pareggio dell’#Hellas a Udine abbiamo letto commenti degni della “Corrida” di Corrado (eh lo so, è citazione da non giovanissimi) sui limiti della “rosa corta” a disposizione di Tudor. Poi è arrivata la vittoria sulla Juventus.