Chievo v Parma – Intervista a Fabio Moro

A Peschiera, sul campo d’allenamento, Fabio Moro corre insieme alla squadra. E’ in gran forma. Niente male per uno che l’attività agonistica l’ha lasciata definitivamente da due stagioni e mezzo. Da allora il tempo sembra essere volato: al Bentegodi era un giorno di festa per l’ennesima salvezza conquistata dai gialloblù. Il ‘mastino dalla faccia d’angelo’, come lo soprannominano i tifosi, rientrava dopo una lunga assenza per infortunio. Gioca incollato a Totti, uno dei tanti grandi del calcio italiano marcati in carriera. Finisce la partita e termina il campionato. Pochi giorni dopo arriva la chiamata del presidente. Ha una proposta da fargli per un lavoro importante: una mansione di raccordo tra la squadra e la società, al fianco di Marco Pacione. Dopo undici stagioni con la divisa da gioco del ChievoVerona, di anni trascorsi a battersi fieramente sul campo per i propri colori, è l’ora delle decisioni irrevocabili. Inizia così una nuova vita nel club che ha nel cuore, vero Moro? “Presto o tardi arriva il momento in cui bisogna prendere coscienza che la carriera sta volgendo al termine. Mi ritengo una persona estremamente fortunata per essere rimasto nella famiglia gialloblù e aver intrapreso qui e subito una nuova professione”. Sul campo è stato uno dei baluardi del ‘Chievo dei miracoli’. Con lui c’erano alcuni dei suoi attuali colleghi di lavoro. Eugenio Corini, ad esempio, con cui i destini si sono incrociati più volte. Col Chievo, da calciatori entrambi hanno messo alle spalle importanti infortuni e ottenuto grandi soddisfazioni. “Credo ci sia una sorta di progetto nel destino di ogni persona. Se hai qualità, alla fine quello che semini poi lo raccogli. Avevo esordito in A con il Torino come centrocampista di copertura. Ricordo il debutto, contro la Fiorentina, in marcatura, incollato a Rui Costa. Ero diventato titolare. Dopo otto gare, una brutta botta: rottura del ginocchio. E’ stata dura ripartire da lì. Poi però è arrivato il Chievo: eravamo partiti per salvarci in B, invece è stato l’inizio di una cavalcata memorabile. Con Lanna, Corini e tanti altri abbiamo davvero scritto una pagina indelebile della storia di questa società”. Oltre al presidente, sono soprattutto due gli uomini a cui Fabio è legato. “Marco Pacione è una specie di fratello maggiore. Mi è stato vicino in un momento particolare della mia vita. E’ un maestro, una persona speciale. Non solo per me: è un riferimento per tutto il Chievo. Poi c’è il mister: Eugenio mi ha dato la possibilità di entrare a far parte del suo staff tecnico. E’ un onore e un orgoglio che mi abbia voluto con sé”. La cravatta può aspettare. Moro ora lavora nuovamente in tuta, sul campo. “Sono contento. Senza nulla togliere all’esperienza fatta finora, devo essere sincero: quella sul campo è un’attività più affine alle mie corde. Non c’è dubbio però che lavorare dietro le quinte con Marco e tutto lo staff mi abbia permesso di scoprire sfaccettature a cui da giocatore non si dà rilievo ma sono importantissime nella gestione di una squadra”. Chi ti conosce bene sostiene che tu sia un uomo riservato e soprattutto determinato. “Sono un ragazzo introverso, anche un po’ timido. Faccio fatica a lasciarmi andare. Se però sento la fiducia intorno a me, mi apro. Quando ho in mente un obiettivo, faccio di tutto per ottenerlo. Ero così anche in campo: lottavo fino alla fine col mio diretto avversario, diventava per me una sfida personale. Non potevo, non dovevo farmi superare. La determinazione mi ha permesso di migliorare anno dopo anno, tanto che da calciatore il massimo l’ho ottenuto giocando in un ruolo che a mio parere non era il più congeniale per le mie caratteristiche”. A proposito di riconoscimenti personali: in gialloblù hai ottenuto due promozioni, piazzamenti importanti, disputato le coppe europee. E hai realizzato un gol al Milan. Il gol dell’ex. “Segnare quella rete è stata una grande gioia. Avevo quattordici anni quando sono andato a Milano. Da solo, la mia prima volta lontano dalla mia famiglia. E’ stata un’esperienza importante. Il gol? Credo sia stato anche molto bello, tra l’altro su assist di Eugenio. Non mi piace vantarmi ma è il mio unico in A e me lo tengo ben stretto!”. Finita la carriera da calciatore, in famiglia avranno pensato di vederti più spesso, almeno nei weekend. Invece ora sei quasi più impegnato di prima… “Mia moglie è disperata! Scherzi a parte, non è semplice conciliare impegni, ritiri e partite con la vita domestica ma quando si ama il proprio lavoro tutto pesa meno. Ovvio che appena posso corro da lei e dalle mie due figlie, Alice e Virgina. Loro sono presenze fondamentali. Quando giocavo mi hanno operato sei volte: è grazie soprattutto all’affetto della mia famiglia che ho superato più serenamente quei periodi”. Momenti non semplici, come quando finisce la carriera agonistica di un calciatore: un passaggio che merita un approfondimento. “E’ un momento molto particolare. Personalmente ho deciso di cambiare ‘mestiere’ nel giro di tre giorni. Devo dirlo: sono stati tre giorni tragici. Certo, l’impegno immediato mi ha aiutato a metabolizzare quello che stava avvenendo, ma non è mai un passaggio automatico: dal punto di vista mentale è una situazione davvero difficile da gestire. Quando si spengono le luci, è veramente dura. Non solo perché improvvisamente smetti di essere al centro dell’attenzione: sono una persona schiva e questo aspetto non è mai affascinato particolarmente. Il fatto è che ti mancano quelle emozioni uniche che solo chi ha giocato può capire: lo spogliatoio, il condividere con un gruppo obiettivi, gioie e anche dolori. Quelle soddisfazioni impagabili che si hanno quando si raggiunge un risultato importante.

Improvvisamente senti un vuoto che subito sembra difficile colmare. Occorre dunque guardare avanti appena possibile, questa è la vita ed è giusto sia così. E le soddisfazioni non mancheranno in futuro, ne sono certo”. Da quest’anno, ad esempio. “La stagione è difficile e dura. Noi sappiamo che dovremo lottare fino alla fine. In questa professione una delle cose che impari velocemente è che occorre avere equilibrio, gestire le vittorie e le sconfitte. Fanno parte del gioco. La verità è che bisogna valutare tutte le sfaccettature e lottare giorno per giorno. Nel cassetto hai due diplomi: uno da perito elettronico e l’altro da allenatore. Il primo non è presumibile che lo utilizzerai,almeno prossimamente. “In realtà devo dire che aver ottenuto il diploma da perito è stata una grande soddisfazione. Tutt’altro che facile: studiare non mi piaceva ed è ancor più difficile se devi farlo mentre giochi a calcio. Credo però che nella vita non bisogna canalizzare tutte le energie in un’unica direzione e la scuola sia importante: non avessi fatto il calciatore avrei dovuto, come chiunque, rimboccarmi le maniche e cercare un lavoro. Allenare? Sono orgoglioso di quello che faccio e della posizione che ricopro. Ringrazio sempre la società e il mister che mi hanno permesso d’intraprendere questa esperienza. Il mio prossimo obiettivo? Che il Chievo si salvi a fine campionato: oggi è quello che per me conta di più”.

di Paolo Sacchi (Mondo Chievo 10)

Fabio Moro è nato a Bassano del Grappa il 13 luglio 1975. Difensore centrale e laterale, è cresciuto calcisticamente nelle formazioni giovanili del Milan. Ha giocato con Ravenna, Torino – con cui ha debuttato in Serie A -, Salernitana e Monza prima di firmare per il Parma nel 1999. A causa di un infortunio, con la maglia dei ducali non è mai sceso in campo, passando al ChievoVerona nel febbraio del 2000. In dieci anni in gialloblù è sceso in campo 249 volte di cui 170 nella massima serie, 62 tra i cadetti, 1 in Champions’ League e 3 in Coppa UEFA, oltre a 13 presenze in Coppa Italia. Ha realizzato complessivamente 4 reti, di cui 1 in A e 3 in Serie B. Terminata la carriera nell’estate 2010 è entrato nello staff societario.

Moro

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.