Chievo v Fiorentina – Intervista a Ivan Moretto

A volte i quesiti di una figlia ai propri genitori prevedono risposte argomentate. Paradossalmente a un semplice “Papà, per quale squadra fai il tifo?” per alcuni ex atleti che di maglie ne hanno cambiate diverse in carriera rispondere potrebbe risultare davvero complicato. Al contrario, quando questa domanda al proprio padre l’ha posta la piccola Gaia Moretto, la secondogenita di Ivan nata quattro anni dopo la sorella Veronica, l’ex difensore per dodici stagioni in gialloblù non ha avuto alcuna esitazione. “Non ho avuto dubbi, le ho detto il Chievo, ovviamente. Tanto che il mese scorso l’ho portata allo stadio a vedere la partita contro l’Inter. Mi spiace solo sia finita con un risultato negativo perché quella sera la squadra mi era piaciuta. Aveva giocato in maniera pimpante, non meritava certo di perdere. E’ stato solo condannata dagli episodi. Un vero peccato”. Dodici stagioni al Chievo, dal 1998 al 2000, non si dimenticano. Oggigiorno è raro trovare giocatori come Moretto così a lungo fedeli a un club. “Quando i miei amici, a casa, mi chiedono per quanti campionati ho giocato nel Chievo, quasi non ci credono siano stati così tanti. Mi rendo conto che, per molti versi, sia un traguardo difficile da raggiungere. E’ necessario trovare gli equilibri gusti anno dopo anno e anche giocatori disposti a fare una sorta di scelta di vita, perché le possibilità di trasferirsi in altre squadre capitano sempre. Personalmente sono rimasto perché credevo totalmente nei colori ma soprattutto nel progetto di una società seria che il Chievo e il suo Presidente hanno dimostrato sempre di essere. Senza questi presupposti non si arriva di certo così in alto”. Indiscutibilmente tra i protagonisti dell’ascesa del club gialloblù, Moretto ha raccolto tante soddisfazioni sia fuori che dentro il campo. Proprio lì, sul terreno di gioco, le giornate felici sono state tante. “E’ stato il periodo più bello della mia vita. Due promozioni dalla C2 alla B in cui ho dato il mio contributo insieme ai miei compagni. Con alcuni di loro i contatti sono comunque frequenti. “Quelli che vedo e sento più spesso di più sono Lazzarin, Zanin, D’Angelo, Curti e Cossato. E poi naturalmente ci sono quelli di CuoreChievo, un progetto splendido con scopi benefici che è ormai un appuntamento fisso per tanti ex gialloblù. Sono belle occasioni per rivederci, ricordare i bei tempi ma anche parlare del nostro quotidiano e del futuro. Devo però essere sincero: mi piacerebbe ci fosse maggior presenza da parte di tante altre vecchie glorie con cui abbiamo costruito qualcosa d’importante. E’ un peccato non averli tutti al nostro fianco”. Sul campo che giocatore era Moretto? “Ero un terzino, un esterno che spingeva e non disdegnava andare all’attacco. Talvolta capitava di trovarmi anche in posizioni buone per provare a segnare. Di gol ne ho realizzati alcuni importanti l’anno dell’anno della promozione in B ma a dire il vero la rete a cui sono più affezionato è la mia unica in Serie B su punizione da 25 metri a Perugia. Una bella soddisfazione anche quella.”. L’unico rimpianto di Moretto è non forse essere riuscito a completare il tris di promozioni. “Mi è solo mancata quella in A. Purtroppo per varie vicissitudini e soprattutto infortuni non sono riuscito a conquistarla. Diciamo che mi sono ampiamente consolato con le altre due, traguardi storici anche quelli”. A proposito d’infortuni, la rottura del ginocchio a 38 anni gli ha impedito di prolungare ulteriormente la carriera, che comunque è stata lunghissima. “E probabilmente avrei continuato ancora per tanti anni… Il fatto è che superare quota trenta porta una consapevolezza differente. Si fa più attenzione agli allenamenti e all’alimentazione, ad esempio. Ci si gestisce meglio, sia in campo che fuori. Quando si è giovani si tende ad essere più, per così dire, spensierati…”. Diventare allenatore è stato un passaggio quasi automatico. “Sì, ultimamente ho allenato in Promozione Veneta, anche se al momento sono alla ricerca di occupazione. Oggigiorno è difficilissimo trovare una panchina libera per chiunque, indipendentemente dal proprio nome e dall’esperienza. Il numero di club si riduce sempre di più e nel frattempo gli allenatori si moltiplicano”. A proposito di tecnici, ora sulla panchina del Chievo c’è seduto un suo caro amico. “Voglio bene a Eugenio, ho giocato con lui, è una persona ottima. Sono sicuro si farà rispettare e apprezzare da tutti e in questo momento è ciò che conta. Corini ha tutti i mezzi per fare bene anche in un ruolo così importante. Bisogna anche dire che il Chievo d’inizio stagione non è stato fortunato. A volte basta un episodio a sfavore o una decisione sbagliata e contraria dell’arbitro per far cambiare un risultato e dunque l’opinione su una prestazione o un allenatore. Avviene a ogni livello, nel mio piccolo è capitato anche a me. In questo senso va dato comunque atto che anche Di Carlo aveva fatto un buon lavoro. Quel che è certo è che ogni domenica il primo risultato che guardo resta quello dei gialloblù”..

di Paolo Sacchi (Mondo Chievo 04)

Moretto

Ivan Moretto è nato il 27 maggio 1970 a Montebelluna (TV). Cresciuto calcisticamente nella squadra del suo paese, è arrivato al Chievo nell’estate del 1998 rimanendo in gialloblù per dodici stagioni e scendendo in campo 274 volte di cui 84 in Serie B, 128 Serie C1 e 29 in Serie C2, 6 in Coppa Italia e 27 in Coppa Italia di Serie C. Ha realizzato complessivamente 10 reti, di cui 1 in B, 6 in C1, 2 in C2 e 1 nella Coppa di Serie C. Nel gennaio 2000 è passato al Brescello per poi giocare con Thiene, Cornuda Crocetta, Asolo Fonte, Belluno e Romano d’Erzellino con cui ha chiuso la carriera a 38 anni. Ha allenato Concordia Fonte e Cornuda Crocetta.

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.