Il gol di Giancarlo Fiumi

Chi l’ha detto che si segnano gol decisivi solo sul campo da gioco? Una delle reti che hanno cambiato la storia del Chievo in realtà porta la firma di un dirigente. E che dirigente. Giancarlo Fiumi, 85 anni il prossimo 26 giugno, dal 1984 al 2004 segretario generale del club, ora ‘onorario’, non ha solo vissuto da protagonista mezzo secolo di calcio veronese. Per certi versi a lui si deve il primo grande successo del Chievo, diciamo così, dell’era moderna. Nella tarda primavera del 1986 i gialloblù, guidati in panchina da Carlo De Angelis, conquistano la C2 curiosamente dopo una sconfitta nello spareggio decisivo contro il Bassano. Una promozione a tavolino che fu possibile grazie ad un ‘gol’ realizzato da Fiumi. Come andò ce l’ha raccontato lui stesso.
“Quell’anno eravamo un’ottima squadra. C’erano Sartori, Balestro, Maran, Zanin in porta e tanti altri bravi giocatori ma, modestia a parte, il merito di quella promozione fu soprattutto mio. Ogni domenica andavo a comprare ‘L’Arena’ all’edicola al Saval. Passando di lì, una mattina il giornalaio mi invitò a leggere ‘Il Gazzettino’, suggerendomi di guardare la pagina sportiva. In un articolo si sosteneva che il Bassano aveva tentato di comprare alcune partite del campionato precedente. Già durante la stagione erano girate voci poco simpatiche in merito, ma il giornale parlava proprio di rivelazioni a proposito di presunti contatti tra il loro direttore sportivo e alcuni giocatori avversari per addomesticare alcune gare nelle ultime giornate. Siccome giusto qualche anno prima con il Verona eravamo rimasti scottati dalla vicenda-Clerici, conoscendo il Procuratore Federale De Biase gli telefonai subito raccontando quanto riferito dal giornale e tutto il resto. Lui mi ringraziò, avviando immediatamente un’inchiesta. Alla fine emerse la verità e incastrarono i protagonisti. Morale della favola, il Bassano venne retrocesso e il Chievo promosso in C2 al suo posto. Si può dire che quello fu l’inizio della scalata”.

Fiumi mosse i primi passi della sua carriera dalle parti della Diga a partire dal 1984, attraversando l’Adige.

“Venivo dal Verona, dove ero stato per oltre ventidue anni segretario generale con il Commendator Garonzi come presidente. Quando lui lasciò, dopo un anno decisi di seguirlo. Aveva in mente un progetto nuovo e aprimmo il centro sportivo di Veronello. Era un impianto all’avanguardia. Ci occupavamo di far crescere i giovani calciatori. Garonzi però era un tipo combattivo e, nonostante si fosse appassionato al progetto, cercava emozioni più forti. Desiderava avere una platea più vasta, sentire intorno a lui l’entusiasmo della folla. Da qui l’accordo con Campedelli, papà di Luca: far crescere il Chievo e portarlo oltre la Serie D. Allora era una vera e propria società dilettantistica. Mi chiesero di collaborare: abbiamo iniziato da zero, forti della nostra esperienza nel calcio professionistico. Siamo partiti rimboccandoci le maniche ma ce l’abbiamo fatta”.
Le premesse per volare in alto furono create da una coppia di personaggi speciali. Con Saverio Garonzi c’era Luigi Campedelli.
“Garonzi era un uomo unico, un grande dirigente. Così come il ragionier Campedelli: la sua intelligenza e il suo acume sono stati fondamentali. Pur da neofita del calcio, ha capito immediatamente come operare nell’ambiente. Ha applicato con successo le stesse teorie che gli hanno permesso di eccellere in campo imprenditoriale”.
Scalando la piramide sembra il club sia arrivato al vertice senza però disperdere i valori del “Ceo” di una volta, è cosi?
“Lo spirito oggi è rimasto uguale da allora. Il professionismo ovviamente ha portato aspetti e problematiche nuove. Come ad esempio i contratti o il rapporto con i procuratori, che allora non esistevano. Dal punto di vista organizzativo il grande salto fu il passaggio dalla C alla B, da una lega semi-professionistica al professionismo puro. Con Luca Campedelli abbiamo mosso i primi passi in una nuova realtà. Luca mi è sempre piaciuto. E’ rimasto fedele a se stesso, un presidente ‘acqua e sapone’, che parla poco e dice le cose giuste. Ormai non ha più bisogno di consigli”.
Una vita nel calcio e per il calcio. Quante emozioni?
“Devo dire che se in vent’anni e più nel Verona ho vissuto anche momenti tristi, alti e bassi, in altrettanto tempo col Chievo non è mai successo. Ho sempre lavorato con serenità ed entusiasmo, in grande affiatamento con tutti. E’ stato un crescendo. Ecco, l’unica amarezza è stata la retrocessione di tre anni fa nella famosa partita di Bologna”.
Una delusione però evaporata velocemente…
“Vero. Anche se inizialmente ero un po’ pessimista, più che altro perché si sa che dalla B è sempre difficile tornare su. Il Chievo però ha risposto ‘da Chievo’. La società non si è persa d’animo. Senza fare drammi ha proseguito il suo cammino conquistando l’immediata esaltante promozione. Dimostrando di non essere stata una meteora”.
Fiumi continua a seguire i gialloblù con grande passione dalla tribuna del Bentegodi e mantiene assidui contatti con i suoi ‘pupilli’. Tra questi, Giovanni Sartori per cui nutre una stima particolare.
“Lui è stato la chiave di volta della storia del Chievo. E anche una delle mie maggiori soddisfazioni personali. Fui io a portarlo da noi. All’epoca era tesserato con la Ternana. Veniva da una stagione in prestito alla Cavese e sapevo che si stava allenando col Verona in attesa di definire il suo futuro. Avvertii Garonzi che fu d’accordo con me: ‘Provemo a far do ciacole’… A dire il vero Giovanni li per lì non era molto convinto e subito mi disse di no. Poi però ci ripensò”.
Prima calciatore, poi direttore sportivo: l’ex centravanti di Milan e Doria sembra che abbia imparato presto il mestiere…
“E’ stato davvero molto bravo. E’ entrato immediatamente in sintonia con tutti e ha mostrato doti che in pochissimi possiedono. Eccelle in ogni campo: nel mercato, nel seguire i giocatori, nell’intrattenere rapporti con le persone facendosi voler bene. E grande onestà. Al Chievo dovrebbero fargli un monumento”.
La casa di Fiumi per anni è stata una sorta di quartier generale delle società scaligere. Passavano di lì un po’ tutti, soprattutto gli allenatori. Rilassandosi in giardino come faceva Nils Liedholm (“adorava i nostri gelati”, racconta sorridendo) o per discutere dell’ingaggio. Magari davanti a stuzzicanti cenette preparate dalla moglie, la Signora Milena, da 45 anni al suo fianco.
“Ricordo con affetto Valcareggi, che andava ghiotto per le cotolette. E Gianni Bui, per non dire Icio D’Angelo, che tuttora ci chiama spesso. E Franco Nanni. Relax e lavoro, appunto. Quando Garonzi voleva tenere nascosta una trattativa da occhi indiscreti, andava a casa Fiumi. “Vengo lì che in mezzo alle piante nessuno ci vede!, mi diceva. Oppure, se litigava con qualche giocatore per il contratto, lasciava a me concludere la trattativa. Così li invitavo a cena qui da noi. Con alcuni, come Zigoni e altri, abbiamo trovato l’accordo davanti a un buon piatto, seduti in giardino”.
Tanti amici, affetti ricambiati. Sono numerosi i personaggi dell’universo gialloblù con cui è rimasto particolarmente legato.
“Come Gigi Delneri, grande professionista e persona deliziosa. Salvatore Lanna, ragazzo squisito che si fa sempre sentire. Recentemente allo stadio mi ha fatto piacere rivedere Nicola Legrottaglie, che mi ha cercato appositamente per salutarmi. Con Massimo Marazzina e altri ci lega invece un momento indimenticabile: sono stato io a comunicargli la notizia ufficiale della convocazione in nazionale. Ricordo i salti di
gioia che facevano!”.
E il Chievo di quest’anno?
“E’ importante rimanere in Serie A, vista la prossima diversa ripartizione dei diritti televisivi. Direi che però siamo messi bene, possiamo stare abbastanza tranquilli. La squadra mi piace: è un bel gruppo che interpreta perfettamente i valori della storia del Chievo”.
I valori e la storia di Giancarlo Fiumi.
di Paolo Sacchi

(Mondo Chievo)

Fiumi

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.