Genoa-Chievo, atto primo

Genova, 3 marzo 1996; Genoa-Chievo

Così lontani, così vicini. Genoa e ChievoVerona rappresentano due distinti mondi nel panorama del calcio italiano. Nove scudetti contro nessuno, il mare e la pianura, la città e la provincia. In realtà, a modo loro, le due società, uniche nel loro genere, possiedono tracce comuni di una tradizione culturale e sportiva che oltre cento cinquantanni anni fa ha ispirato gli inventori del più bel gioco del mondo. Entrambe hanno offerto un contributo importante alla storia del calcio italiano. I rossoblù sono il club più antico d’Italia; con la loro organizzazione di stile britannico e i successi sul campo sono stati il sodalizio che più di tutti ha alimentato la trasformazione dello sport del nostro Paese da attività motoria a organizzazione professionistica. Sostenuti oggi da una tifoseria notoriamente passionale e sanguigna. Dall’altro canto, una squadra di quartiere più di trent’anni fa ha iniziato una clamorosa e singolare scalata verso il vertice della piramide calcistica, dimostrando che con passione, professionalità e dedizione oggi, come nel 1893, si possono realizzare i propri sogni. Senza snaturare la filosofia originaria e il concetto di stadio per tutti.

Anche per questi motivi ci sentiamo legati ad entrambi i mondi fin dalla prima volta che ne abbiamo seguito uno scontro diretto dal vivo, al di là del luogo di nascita e della residenza, dell’istinto e dell’affetto, del coinvolgimento personale o familiare. All’epoca del primo appuntamento a Marassi a fine inverno 1996, Genoa e Chievo giungevano da due direzioni opposte. I rossoblù erano retrocessi dalla massima serie e schieravano una squadra di gente di un altro pianeta rispetto alla B di allora. In campo, per intenderci, scendevano personaggi che di cognome facevano van’t Schip, Montella, Galante e Ruotolo. Per quanto prossimo alla trasferta a Wembley per la finale della Coppa Anglo-Italiana, o Zêna in campionato stava girando maluccio e questo infastidiva alquanto l’ambiente intorno alla squadra. In panchina Gigi Radice era stato appena congedato: al simpatico nasone Salvemini è affidato il compito di rilanciare classifica e umore. Al contrario, el Ceo arrivava per la prima volta ospite del Grifone con l’entusiasmo e la spensieratezza della seconda stagione tra i cadetti della propria storia. Molto oscura, almeno inizialmente, per chi abita lontano da Verona, al pari della comprensione delle dimensioni del club, inversamente proporzionali alla grandezza dell’impresa che aveva consentito ai gialloblù d’essere arrivati fin lì.

In Liguria, ma crediamo non soltanto, il veneto è etichettato da una serie di luoghi comuni. Chiunque arrivi da un luogo situato tra Peschiera del Garda e Trieste – dalla riviera il Nord Est è inteso come un’unica entità territoriale, linguistica e culturale, giusto per chiarire – si suppone non si tirerà mai indietro di fronte ad un buon bicchiere di vino. Ha cognomi che terminano con le consonanti, parla in dialetto e soprattutto è considerato un gran lavoratore, organizzato e serio, che bada al sodo senza troppi fronzoli: stima assoluta, dunque. Per chi cerca risconti agli stereotipi, questo Genoa-Chievo li garantisce in quattro minuti. Petiziol sguscia a sinistra, serpentina su Torrente e Nappi, cross in area. sul secondo palo c’è Cossato che di testa batte Pastine. Il Genoa resta basito. Preceduto dalla fama che lo circonda, il Chievo gioca un calcio brillante ed efficace. Il Genoa risponde con la qualità dei singoli: Montella segna il gol del pari con una gran giocata e la partita viaggia sui binari dell’equilibrio finche – la memoria suggerisce fosse Melis – in area di rigore devia il pallone con la mano. Fallo banale, da far arrabbiare alquanto Malesani in panchina. L’Aeroplanino non deve neppure rullare i motori per segnare il 2-1. Non finirà qui, perché gli ospiti spingono fino al termine e meriterebbero pure il pari, se non che, nell’ultima azione della gara, il giovanissimo Pagliarini chiude il conto in contropiede. Lo ricordiamo correre felice sotto la Nord, mentre il Chievo esce dal tunnel sotto i distinti, da dove seguiamo la partita, tra gli applausi convinti del pubblico. Capiterà tante altre volte, a Marassi e altrove.

Paolo Sacchi

Genoa 3-1 Chievo Verona

Marcatori: Cossato 4, Montella 25, Montella 52, Pagliarini 95

Genoa: Pastine, Ruotolo, Torrente, Turrone, Galante, Nicola, Magoni, Bortolazzi, van’t Schip (Pagliarini 70), Nappi, Montella (Francesconi 65, Balducci 90). All.: Salvemini.

Chievo: Borghetto, Moretto, D’Anna, D’Angelo, Petiziol, Rinino (Giordano 65), Gentilini (Sinigaglia 80), Melosi, Melis, Grabbi, Cossato (Zamboni 85). All.: Malesani.

Pubblicato da Paolo Sacchi

Nato a Genova, ha scoperto quasi subito che le Scienze Politiche non facevano per lui. Viaggiatore e calciofilo, già ufficio stampa, come giornalista collabora con diverse testate cartacee, web e radiofoniche e da anni racconta dal vivo in diretta alla radio le partite del ChievoVerona. Esperto di turismo e di sport britannici, è felice di dover rifare spesso il suo bagaglio a mano.